TERAMO – Patrick era un ragazzo di 20 anni, sordo muto, autistico e con ritardo cognitivo. Viveva con una fragilità che avrebbe dovuto garantirgli protezione, ma invece ha trovato la morte nel carcere di Castrogno. Il 13 marzo 2024, nel giorno del suo ventesimo compleanno.
Patrick era cleptomane, una condizione psichiatrica che lo portava a compiere piccoli furti senza una reale percezione delle conseguenze. Non si trattava di un atto premeditato né di un comportamento deliberatamente illecito, ma di un impulso incontrollabile, frutto della sua condizione.
Per un furto di lieve entità, gli erano stati imposti gli arresti domiciliari, una misura che, nel suo caso, non teneva conto delle sue difficoltà cognitive e delle sue necessità specifiche. Un giorno, in una primavera come tante, Patrick uscì di casa. Un gesto che, per chi non conosceva la sua condizione, è stato interpretato come evasione, ma che in realtà rientrava nella sua routine mentale e comportamentale.
Durante la pandemia da Covid-19, alle persone autistiche era stato concesso di uscire per necessità legate alla loro condizione. Patrick era abituato a questa possibilità, che per lui rappresentava una regola consolidata. La sua uscita non era una sfida alla legge, ma una conseguenza diretta della sua disabilità.
Invece di essere compreso e supportato, è stato prelevato e condotto nel carcere di Castrogno, un luogo completamente inadatto alle sue esigenze.
Patrick Guarnieri: un ragazzo fragile finito nel posto sbagliato – Patrick non era solo cleptomane, ma presentava un quadro clinico complesso, che avrebbe dovuto escludere categoricamente la possibilità di una detenzione in carcere. Era autistico, aveva un ritardo cognitivo, era sordo e muto. Queste condizioni lo rendevano ancora più vulnerabile, incapace di comprendere pienamente ciò che gli stava accadendo e di difendersi.
Nonostante le sue fragilità evidenti, il magistrato ha firmato l’ordine di carcerazione, probabilmente senza neanche consultare la sua cartella clinica. Se fossero state esaminate con attenzione le sue diagnosi e il suo profilo neuropsichiatrico, sarebbe stato chiaro che Patrick non poteva e non doveva essere detenuto in un istituto penitenziario.
Ma questo non è avvenuto. La giustizia ha agito con superficialità, senza considerare le conseguenze devastanti di una simile decisione. Un errore fatale, che gli è costato la vita.
Carcere di Castrogno: quattro morti in cinque mesi – Nel carcere di Castrogno (Teramo), quattro detenuti hanno perso la vita nell’arco di appena cinque mesi. Numeri che parlano da soli e che descrivono una realtà preoccupante, segnata da criticità sistemiche, in cui le condizioni di detenzione sembrano inadeguate a garantire l’incolumità dei detenuti.
Eppure, tra tutte queste morti, solo quella di Patrick Guarnieri ha portato all’apertura di un’inchiesta. Questo non può essere casuale. Le responsabilità appaiono troppo evidenti per essere ignorate o archiviate.
Le prime indagini hanno già fatto emergere gravi negligenze, in particolare nell’ambito dell’assistenza sanitaria. Si delinea così un quadro inquietante, in cui non solo Patrick è stato privato della libertà, ma anche del diritto fondamentale alla tutela della propria salute e sicurezza.
Le indagini sul caso di Patrick Guarnieri – Gli ultimi sviluppi dell’inchiesta hanno portato alla luce elementi anomali e potenzialmente decisivi per comprendere cosa sia accaduto negli ultimi giorni di Patrick.
- Sono stati acquisiti 45 filmati della videosorveglianza, i quali presentano anomalie. Le immagini appaiono alterate, e la loro analisi è fondamentale per ricostruire con esattezza ciò che è avvenuto.
- Un perito informatico è stato incaricato di esaminare i video, per verificare eventuali manipolazioni o omissioni.
- Si attende la perizia dell’anatomopatologo, incaricato di accertare la presenza di segni di violenza sul corpo di Patrick. Questo esame potrebbe fornire risposte cruciali sulle circostanze della sua morte.
- Criminologi e tecnici della famiglia sono ancora in attesa dell’autorizzazione per ispezionare la cella n.5, il luogo in cui Patrick ha trascorso le sue ultime ore di vita. L’accesso a questo spazio è indispensabile per raccogliere elementi utili a chiarire la vicenda.
Tutti questi elementi rafforzano il sospetto che Patrick non sia morto per suicidio e che dietro la sua morte possano nascondersi responsabilità dirette.
Carcere di Castrogno: un sistema che abbandona i più deboli – Il carcere di Castrogno è stato segnalato più volte come uno degli istituti più problematici d’Italia. Le condizioni in cui versano i detenuti sono state oggetto di numerose denunce, eppure nulla sembra cambiare.
Il caso di Patrick Guarnieri è la dimostrazione più drammatica di un sistema che fallisce proprio dove dovrebbe proteggere. Un sistema che non tutela i più vulnerabili, ma che li spinge in una spirale di abbandono e sofferenza, fino a renderli invisibili.
Quando una prigione non garantisce nemmeno il diritto alla vita, può ancora essere considerata un’istituzione giuridica funzionante? O è piuttosto un luogo di annientamento, dove chi entra con fragilità non ha alcuna possibilità di uscirne indenne?
Asperger Abruzzo al fianco della famiglia Guarnieri – L’Associazione Asperger Abruzzo ha preso un impegno chiaro e irrinunciabile: essere al fianco della famiglia di Patrick, non solo oggi, ma sempre. La loro battaglia è anche la nostra, e non smetteremo di camminare al loro fianco fino a quando ogni verità sarà svelata, fino a quando giustizia sarà fatta.
Manca meno di un mese alla prima commemorazione della sua morte. Un anno è passato, ma il dolore rimane intatto, come il nostro impegno. Il tempo non cancella l’ingiustizia, non lenisce la ferita di chi ha perso un figlio, un fratello, un amico in circostanze inaccettabili. Non permetteremo che il silenzio avvolga questa tragedia.
Patrick non è solo Patrick. In lui rivediamo i nostri figli, i nostri ragazzi, lasciati soli in un mondo che non li comprende e che troppo spesso li abbandona. La sua storia è la dimostrazione di quanto, ancora oggi, la disabilità venga ignorata, la fragilità venga punita e il sistema fallisca nel proteggere chi avrebbe più bisogno di tutela.
Quando uno Stato permette che un ragazzo come Patrick venga incarcerato invece di essere aiutato, noi genitori ci poniamo una domanda inquietante: chi proteggerà domani i nostri figli?
Abbiamo promesso a mamma Cristina, a papà Gervasio e ai suoi fratelli e sorelle che non saranno mai lasciati soli. E questa promessa sarà mantenuta, oggi, domani e per tutto il tempo che sarà necessario. Perché Patrick merita giustizia e chi lo ha amato merita verità. Nessun altro ragazzo dovrà subire lo stesso destino.
Patrick non era un numero.
Non era solo un detenuto.
Era un ragazzo che meritava rispetto, cure e protezione.
La sua storia non verrà dimenticata.
Non permetteremo che il silenzio avvolga questa ingiustizia.
Patrick merita giustizia – Marie Helena Benedetti, Presidente dell’associazione Asperger Abruzzo –