TERAMO – Nei giorni scorsi è stato presentato il rapporto SVIMEZ sulla scuola. Viene fuori un dato allarmante:  in Italia due bambini, nati lo stesso anno in posti diversi, uno al Nord e uno al Sud, ma che frequentano la quinta classe primaria, hanno diritto ad una scuola molto diversa. Mentre il bambino del Nord ha avuto garantito dallo Stato 1226 ore di formazione, quello del Sud non ha avuto a disposizione la stessa offerta educativa, perché nel Mezzogiorno mancano infrastrutture e tempo pieno e  frequenta la scuola primaria per una media annua di 200 ore in meno rispetto al suo coetaneo che cresce nel centro-nord. Si tratta di un anno di scuola persa per il bambino del Sud.

Gli stessi servizi socio-educativi per l’infanzia sono caratterizzati da frammentarietà dell’offerta e da profondi divari territoriali nella dotazione di strutture e nella spesa pubblica corrente delle Amministrazioni locali. Il diritto all’asilo nido per quanti lo richiedono, resta ancora una chimera.

Secondo i dati SVIMEZ, nel Mezzogiorno, circa 650 mila alunni delle scuole primarie statali (79% del totale) non beneficiano di alcun servizio mensa. Mentre nel centro Nord sono il 46,53% quelli che non beneficiano della mensa. Va un po’ meglio in Abruzzo (63,11%), peggio in Molise (85,42%)

Tab. 1. Alunni della scuola primaria senza servizio mensa (valori assoluti e %). A.s. 2020-2021

Alunni senza mensa

Totale alunni

% alunni

Abruzzo

32.254

51.107

63,11

Molise

9.142

10.703

85,42

Centro-Nord

703.833

1.512.491

46,53

Mezzogiorno

650.852

825.705

78,82

Italia

1.354.685

2.338.196

57,94

Fonte: Elaborazioni SVIMEZ su dati Ministero dell’Istruzione. 2022

Per effetto delle carenze infrastrutturali, solo il 18% degli alunni del Mezzogiorno accede al tempo pieno a scuola, rispetto al 48% del Centro-Nord.  Gli allievi della scuola primaria nel Mezzogiorno frequentano mediamente 4 ore di scuola in meno a settimana rispetto a quelli del Centro-Nord. La differenza tra le ultime due regioni (Molise e Sicilia) e le prime due (Lazio e Toscana) è, su base annua, di circa 200 ore. Un anno di scuola, appunto.

Sul tempo pieno l’Abruzzo è in linea con le altre regioni del Mezzogiorno. Mentre risulta disastroso il dato molisano

Tab. 2. Alunni con tempo pieno, primaria (valori assoluti e %). A.s. 2020-2021

Alunni tempo pieno

Totale alunni

% alunni

Abruzzo

10.814

52.944

20,43

Molise

879

10.862

8,09

Centro-Nord

792.097

1.632.299

48,53

Mezzogiorno

164.557

884.853

18,60

Italia

956.654

2.517.152

38,01

Sono divari nelle infrastrutture scolastiche che frenano anche la diffusione della pratica fisica e sportiva, con conseguenze negative per la salute, la spesa pubblica e lo stile di vita della popolazione, con particolare riferimento ai minori. Nel Meridione quasi un minore su tre nella fascia tra i 6 e i 17 anni, infatti, è in sovrappeso, rispetto ad un ragazzo su cinque nel Centro Nord.  Ancor più allarmante è il dato sulle aspettative di vita: nel Mezzogiorno sono inferiori di tre anni rispetto a quelle degli adulti centro-settentrionali.

Del resto tra il 2008 e il 2020, la spesa complessiva in termini reali si è ridotta del 19,5% al Sud, oltre 8 punti percentuali in più del Centro-Nord. Ancora più marcato il differenziale a svantaggio del Sud nel calo della spesa per investimenti, calati di quasi il 33% contro  il 23% nel resto d’Italia.

Nel comparto scuola la  spesa per studente  è stata di 6.025 euro al Sud contro un valore di 6.395 nel Centro-Nord. Lo scarto è ancora più significativo se si guarda alla sola spesa per investimenti: 34,6 contro 51 euro per studente. Dati inoppugnabili che documentano come anche nei periodi di crisi la riduzione delle risorse ha riguardato molto più il Sud.

L’azione pubblica nella filiera dell’istruzione si è ridotta quando occorreva una maggiore attenzione visto il trend demografico avverso, un fenomeno che causa la diminuzione degli studenti. I due fattori rischiano di autoalimentarsi in un circolo vizioso nazionale, ma particolarmente intenso al Sud. La debolezza dell’offerta scolastica e, più in generale, la limitata qualità dei servizi pubblici alimenta il processo di denatalità e i flussi di migrazione giovanile che, a loro volta, comprimono il numero di alunni, con le conseguenti ricadute sull’offerta formativa.

Numeri che dovrebbero indurre a riflessioni approfondite e a proposte di interventi mirati, strutturati e di lungo periodo. Invece si delinea nel Mezzogiorno il rischio di un basso utilizzo delle risorse del PNRR (che dovrebbero servire per recuperare i divari territoriali), ma, soprattutto, si vuole accelerare sull’autonomia differenziata che certificherà queste notevoli diseguaglianze, senza interventi perequativi, con il conseguente aumento delle distanze tra le diverse aree del paese.

Situazione inaccettabile contro la quale chiediamo alla società civile, alle forze politiche e sociali di  di contrastare queste politiche scellerate.

La FLC CGIL, nell’invitare a firmare la proposta di legge per modificare le norme sull’autonomia differenziata,  avvierà a partire dalla settimana prossima una serie di assemblee per discuterne con i docenti e gli ATA delle scuole provinciali.