Il periodo che stiamo vivendo genera smarrimento e confusione: trovarsi a dover fare i conti con “comportamenti disinvolti” come passare tra le macerie di un resort inghiottito da 120 milioni di tonnellate di neve e tronchi che la valanga ha portato con sé, con il chiaro proposito di spacciare una “passerella elettorale” come vicinanza ai parenti delle vittime straziati dal dolore, è qualcosa che solo trenta, cinquanta anni fa avrebbe fatto gridare allo scandalo.
Qualche decina d’anni fa utilizzare un programma chiaramente finalizzato al tornaconto e farlo passare per compenetrazione verso il dolore di chi da ventiquattro mesi non fa che soffrire, avrebbe suscitato un moto di disgusto.
Mi limito a rilevare che c’è una tale assuefazione al cattivo gusto, alla ipocrisia, all’indossare maschere a seconda della circostanza, che paradossalmente chi mette in atto comportamenti tanto sconvenienti, non è neppure sfiorato dal dubbio di compiere una azione di una bassezza morale senza precedenti.
Rigopiano è il cuore dell’Abruzzo: in questo polmone di natura convergono le province di Pescara, de L’Aquila e di Teramo: non è pertanto improprio ritenerlo un luogo nevralgico della nostra regione.
In occasione della commemorazione delle vittime a ventiquattro mesi dalla terribile tragedia, i parenti si sono raccolti ed hanno condiviso lo strazio di un dolore che non accenna a spegnersi.
Quei parenti andavano lasciati in pace.
Doveva essere rispettato il raccoglimento nella loro sofferenza.
Si dice che c’è un tempo per tutto: un tempo per gioire, un tempo per persuadere, un tempo per soffrire, un tempo per perdonare.
C’è invece chi questi tempi li mescola.
Si sono presentati Luigi Di Maio con Sara Marcozzi e Matteo Salvini. Convinti di assolvere ad un ruolo salvifico: quello di rendere pubblica la loro volontà di indennizzare le vittime.
Era quella la data e la sede opportuna?
No, ma questi signori, probabilmente analfabeti emotivi, questo non potevano intuirlo.
Non sarebbe stato pertinente quella sortita neppure se fossero andati nella loro veste istituzionale di ministro dello Sviluppo Economico e di Ministro degli Interni.
Addirittura, invece, erano lì come capi fazione, alla ricerca di consensi tra persone straziate dal dolore, in vista delle elezioni regionali d’Abruzzo del 10 febbraio 2019.
Io ritengo che basterebbe questo per deplorare energicamente chi non ha un minimo ritegno in situazioni tanto delicate.
Le macerie di Rigopiano sono al pari di un cimitero: chi varcasse la porta di un camposanto e si mettesse a fare propaganda politica, il minimo che potrebbe capitargli è quello di essere allontanato con la forza.
Questo viene risparmiato ai due vicepremier di questo governo che è come se godessero di una immunità emotiva.
Bene ha fatto Giovanni Legnini a dichiarare che a Rigopiano ci andrà, ma dopo il 10 febbraio, da privato cittadino, a riflettere ed a contemplare quei luoghi che sono stati teatro di una tragedia anche causata dall’incuria dell’uomo.
Dopo il 10 febbraio, non prima: prima sarebbe solo sciacallaggio.
di Ernesto Albanello