Terrore e Terrorismo: se parla mercoledi a Teramo
TERAMO – Si è conclusa da poco la rassegna di 15 giorni dedicata al 23° “Premio Borsellino” e già riprende il “Premio Borsellino tutto l’anno” , incontri, testimonianze, presentazione di libri che andrà avanti fino al 23 maggio 2019.
E riprende, Mercoledi 21 novembre alle ore 17 presso la Biblioteca “Delfico” di Teramo, con un appuntamento d’eccezione, la presentazione del nuovo libro “Terrore e Terrorismo” dello storico Francesco Benigno docente di metodologia della ricerca storica presso l’Università degli Studi di Teramo e direttore dell’Istituto meridionale di storia e scienze sociali. Con lui un vero parterre de rois: l’avvocato Tommaso Navarra, la docente Francesca Gallo professore ordinario nella facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Teramo, il Prof. Pasquale Iuso docente della cattedra di Storia dei Movimenti e dei Partiti Politici nella facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Teramo e il Prof. Andrea Sangiovanni docente di Storia Contemporanea presso la Facoltà di Scienze della Comunicazione dell’UniTe.
Benigno nel suo nuovo libro dà corpo e sostanza, in modo brillante, ad una tesi storiografica conducendo il lettore tra epoche molto diverse: dal Terrore della rivoluzione francese alle bombe anarchiche, dal populismo russo alla Guerra fredda, dagli anni di piombo all’11 settembre . Generalmente si intende per terrorismo la deliberata volontà di diffondere terrore colpendo la popolazione inerme considerata nemica. Terrorismo, dunque, come creazione di terrore. Francesco Benigno contesta tale approccio ricorrendo alla storia. La produzione di “terrore” non è stata infatti storicamente l’unica dimensione del “terrorismo” e anzi esso può essere meglio compreso come la costruzione di un evento clamoroso, capace di risvegliare le masse dal loro sonno politico, qualcosa che “parla” anzitutto al proprio popolo e che gli anarchici chiamavano “propaganda col fatto”. Allo stesso tempo però la storia ci insegna che il terrorismo è anche una tecnica bellica usata in tempi di pace, la continuazione della politica con mezzi esplosivi. In questo senso esso è quindi uno spazio di opportunità aperto ad una pluralità di attori, statali e non statali, che usano il terrore (e il contro-terrore) come strumento di lotta politica interna e internazionale. Ieri come oggi, infatti, e malgrado le apparenze, essa si rivolge non tanto alla popolazione della nazione da colpire ma a un proprio popolo, ad una propria comunità. Gente che va richiamata alla lotta e a cui occorre dimostrare che vincere è possibile, che il debole può sconfiggere il forte. Che la Causa trionferà a patto che altri prendano in mano il testimone lasciato da quella avanguardia che, a rischio o sacrificio della propria vita, ha osato l’inosabile. L’atto «terroristico» non è dunque messo in atto col tentativo primario di terrorizzare ma con quello di conquistare i cuori e le menti di un popolo considerato oppresso, quello con cui si identifica il gruppo autore dell’atto, che attraverso esso combatte anche una sua particolare battaglia per la primazia nel suo schieramento, per essere identificato come il portabandiera di una causa.