San Francesco è oggi più che mai uno dei personaggi chiave per comprendere come si vada configurando il cristianesimo in questo inizio di terzo millennio, a partire dalle parole con cui papa Bergoglio ha spiegato la scelta del suo nome “come vorrei una Chiesa povera e per i poveri! Per questo mi chiamo Francesco, come Francesco da Assisi”. Con la semplicità, la mitezza e l’intenso fuoco interiore che hanno contraddistinto la sua vita, ancora dopo otto secoli attrae nel santuario di Assisi migliaia di persone ogni anno. Padre Enzo Fortunato ha voluto mostrarci tutta l’attualità del pensiero dell’azione di Francesco, mentre la Chiesa cerca ogni giorno di compiere quel cammino in “uscita” chiestole da papa Francesco, di non essere cioè chiusa nelle sue istituzioni, ma povera e aperta all’incontro, capace di proporre il Vangelo con la parola e con la vita. In queste pagine, ricche di testimonianze letterarie e pittoriche, si delineano così i luoghi che ha visitato, gli incontri che ha fatto, i gesti e le parole con cui ha formulato il suo messaggio, esplicitando quelli che sono stati il suo percorso personale ma anche la sua rivoluzione culturale, per spiegarne il “segreto”.
Francesco è l’uomo moderno, come moderna è la lingua che usa sia per la poesia sia per la predicazione. Era “un ribelle, certo, ma un ribelle obbediente. Un uomo obbediente, certo, ma un obbediente sempre libero”. “Come non leggere in controluce, nelle pagine di questo libro e nell’umanità di Francesco d’Assisi il progetto evangelico che papa Francesco sta portando avanti per tutta la Chiesa?”.
Il merito forse maggiore di questo libro è allora “quello di condurci a riflettere su Francesco, ma anche quello di farci intravedere il volto del cristianesimo delle prossime generazioni. Quando si affronta un testo francescano è inevitabile l’esperienza di un immediato disagio. Molte parole appaiono lontane dal linguaggio della quotidianità. Poi, entrati nella lettura, emergono le ragioni del disorientamento: due stili di vita si contrappongono. Quello ispirato a Francesco non ha cessato di spogliarsi di tutto per indossare il saio, abbandonando il superfluo per affermare un innamoramento radicale a Dio. All’opposto, il nostro stile di vita accumula opportunità e calcola ogni circostanza. Ecco nascere la divaricazione dei significati delle parole come amore, bontà, virtù, dolore. E poi quel “pace e bene” che accompagna il saluto da parte dei frati. Tutto sembra suonare storto: noi dannati a quadrare la giornata, loro beati con il Cantico delle creature. Non è così, i francescani sono presenti nelle sorti del mondo con una loro specifica testimonianza e con un significativo protagonismo. Lo “spirito di Assisi”, evocato da papa Wojtyla e rilanciato da papa Ratzinger, ha avuto la forza di chiamare a raccolta tutte le religioni del mondo rimettendole in una rete di lavoro e preghiera con al cuore l’umanità.
Le parole che arrivano dalla serenità francescana sono messaggi che interessano le ragioni del vivere e indirizzano l’agire personale e collettivo. Così accade con le riflessioni di padre Enzo Fortunato, teologo, psicologo e conduttore della rubrica settimanale “Tg1 dialogo”, autore di Siate amabili, un libro che sfida a riscoprire il Dio feriale, ovvero educa a scorgere la compagnia, la parola, la mano di Dio in ogni occasione, dalle più complesse alle più semplici. Padre Fortunato rivendica il diritto di affermare che è possibile parlare di fatti positivi e di bene, contrariamente alla logica dei media che cerca la notizia soltanto negli eventi negativi. Uno sguardo diverso sulle cose: ecco la grande lezione di san Francesco innamorato di Gesù. «Questo voglio, questo chiedo, questo bramo di fare con tutto il cuore!» Un amore forte, reale, appassionato. Un amore non può essere altrimenti. È un vero cavaliere, che non ha bisogno di fare il male e di nascondersi dentro un’armatura. Vive un amore appassionante, poetico, pieno, senza limiti. Pronuncia e assapora il nome di Gesù come fosse miele sulle labbra. Porta le stimmate anzitutto nel cuore, vivendo i sentimenti sine glossa, e come Gesù ama l’altro, come il suo Gesù, san Francesco – in un mondo che era e che è segnato da lupi e cittadini vio- lenti o paurosi, da torri e spade, da cavalieri e briganti, da guerre e inimicizia, inquinato da troppo odio tanto da rendere impossibile parlare di pace – progetta e inizia a vivere un mondo fraterno, disarmato, dove c’è spazio per ognuno, a cominciare dai più poveri e fragili. Pace e bene. Francesco ha una visione luminosa e radicale e, a partire da essa, edifica la sua esistenza. Ma questa lo espone fin da subito all’incomprensione di familiari e concittadini.
Il libro di padre Enzo Fortunato prende le mosse dallo scandalo rappresentato da Francesco e ne ripercorre tre tappe fondamentali. Sono di fatto processi. Il primo è costituito dallo scontro con il padre, Pietro di Bernardone, che è a tal punto indignato da denunciarlo e condurlo a giudizio. Il secondo ha come protagonista papa Innocenzo III, che stenta a prenderlo sul serio e, prima di riceverlo, lo caccia via. Il terzo coinvolge gli stessi frati dell’Ordine, che non di rado restano sbalorditi dalle sue prese di posizione. Il paradosso è che Francesco, come Gesù, non giudica mai l’altro, ma è continuamente sotto giudizio. In una generazione come la nostra, che giudica e non vuole essere giudicata ma elemosina interpretazioni (le glosse) che diventano verità, con relazioni sempre a distanza per paura di legami troppo personali e allo stesso tempo segnata da tante dipendenze terribili, padre Fortunato ci aiuta a ripercorrere così la sto- ria dei «processi» al Poverello.
Ma non si tratta soltanto di un’affascinante ricostruzione storica. Il testo prova a raccontare gli effetti del ritorno dello spirito francescano attraverso alcuni «processi» e accuse mossi al nostro papa. Il nome di Francesco ha scosso dal profondo l’idea di una Chiesa arroccata e auto referenziale, che rischiava di perdere il messaggio più autentico del Vangelo: l’amore verso gli ultimi. Non fu questa la più grande delle rivoluzioni di Gesù? Guai, come per san Francesco, isolare un amore dall’altro: il crocifisso di San Damiano e il lebbroso, costruire la casa e condividere tutto con i minimi.
La vicenda di san Francesco illumina la rivoluzione del papa che ha preso il suo nome e questa, a sua volta, permette di far luce su alcuni aspetti della vita del Santo. Una delle chiavi di lettura offerta da padre Enzo sta nel modo in cui entrambi – il Santo e il papa – rispondono ai loro accusatori. O, come sarebbe meglio dire, il modo in cui non rispondono. Non si tratta di eludere il confronto, di guardare da un’altra parte, ma di ribaltare il piano e la logica dell’accusa. Questa, infatti, alimenterebbe soltanto l’odio e il rancore. La logica del cuore apre invece lo spazio a un altro modo di intendere la relazione umana. Condividere, non distruggere. E la Chiesa deve assumersi il compito di aprirsi sempre più per sostenere, portare aiuto e speranza. La Chiesa deve essere come un fiume che irriga generosamente anche terre che non sa di irrigare. Questa è la larghezza della misericordia, che non calcola, non misura, non cerca reciprocità. Questo deve essere l’atteggiamento della Chiesa. Quella Chiesa che oggi si oppone con una forza mai udita prima al sistema del capitalismo avanzato, caratterizzato da un’economia che «di- vide e uccide». In alcune pagine molto significative padre Enzo vede nel conflitto tra Francesco e il padre non solo una lotta psicologica, ma la metafora del contrasto tra una borghesia calcolante e uno spirito che ama e si spoglia di ogni ricchezza. Questo conflitto viene poi analizzato nella società contemporanea, attraverso le iniziative e le proposte del papa per pensare una nuova economia sostenibile con le nuove generazioni.
Così la figura di san Francesco guida le proposte di cambiamento della Chiesa contemporanea. Un’istituzione che non può limitarsi alla contemplazione e al dibattito teologico, ma che deve essere attiva nel mondo, soprattutto dove il mondo reclama il suo aiuto. E deve farlo con la semplicità, che è tutt’altro che superficialità. Una Chiesa che porti la letizia e il sorriso amabile e luminoso che caratterizzava san Francesco. Un sorriso di pace, ma che si misura con la concretezza dell’azione. Sempre con la gioia di un legame appassionato, più forte delle nostre miserie e del nostro peccato. Nietzsche aveva ragione quando criticava le facce tristi dei cristiani. Come direbbe papa Francesco, certe facce da funerale o da mummia allontanano dal Vangelo. Non si trata semplicemente di una questione esteriore, ma di una vita umanamente piena. Solo così, d’altra parte, è possibile una reale comunicazione con agli altri. E questo libro, ne sono convinto, alimenterà autentici e appassionati dialoghi.