TERAMO – Giornata di follia ieri, l’ennesima, nel carcere di Castrogno a Teramo. “Ieri pomeriggio, una detenuta italiana con patologie psichiatriche ristretta a Teramo da un mese, ha tentato l’impiccamento in cella. Il personale di Polizia Penitenziaria, prontamente intervento insieme ai sanitari, è riuscito a slacciare il cappio dalle inferriate della finestra: fasi concitate in cui alcuni operatori hanno riportato escoriazioni e una testata al volto, dovendo poi ricorrere alle cure mediche presso il locale pronto soccorso”, riferisce Giuseppe Pallini, segretario del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria, che aggiunge come “la detenuta, dopo essere stata slegata dal cappio, ha continuato nei suoi intenti violenti, distruggendo i sanitari del bagno e suppellettili della cella, ed hanno faticato non poco i poliziotti ad immobilizzarla”.
Il sindacalista evidenzia che “la donna, dal suo arrivo dal carcere romano di Rebibbia e Teramo, trasferita per ordine e sicurezza, si è resa protagonista di molti atteggiamenti e comportamenti violenti ed aggressivi: non c’è stato giorno in cui non abbia aggredito altre ristrette, danneggiato arredi e compiuto gesti autolesionisti, tanto che qualche giorno addietro era stata ricoverata presso il locale nosocomio con proposta di TSO… Il dato oggettivo è che la Polizia Penitenziaria la deve gestire 24 ore al giorno per 365 giorni l’anno senza adeguati mezzi di contenzione e soprattutto di preparazione, cosa questa ad appannaggio di medici specialisti”. Pallini sottolinea che “più volte è stato sollecitato ai vertici del provveditorato regionale penitenziario di Roma, da cui dipende l’Abruzzo, e alla magistratura il trasferimento della detenuta presso una struttura sanitaria idonea, come la Rems o reparto psichiatrico, senza alcuna risposta. Cos’altro deve accadere affinché chi di dovere prenda provvedimenti a tutela degli operatori e della stessa detenuta?”. La segreteria SAPPE di Teramo, infine, “augura una pronta guarigione alle poliziotte e infermiera che hanno riportato le ferite e chiede per loro al l’amministrazione un riconoscimento premiale per la professionalità e altruismo dimostrata nella circostanza evitando un probabile suicidio di una detenuta”.
Per Donato Capece, segretario generale del SAPPE, “ci sono troppi detenuti che presentano problemi psichiatrici. Questa una delle gravi problematiche che al momento interessa le carceri italiane, e purtroppo non risparmia neanche Teramo. Con la scellerata ed improvvida chiusura nel 2015 degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari e il passaggio alle REMS, le residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza, i posti a disposizione per ospitare i detenuti con questi disagi non sono sufficienti a colmare le reali necessità e per questo molti di loro sono stati rinchiusi nelle carceri. È così che anche al ‘Castrogno’ gli agenti della Polizia Penitenziaria, pur non avendo le competenze necessarie, sono chiamati a gestire queste persone con le più svariate problematiche mentali”. Il leader del SAPPE ricorda, inoltre, che “il problema dei detenuti con disagio psichiatrico è la prima e più importante emergenza nazionale nelle carceri italiane. La riforma che ha previsto la chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari non ha indicato delle valide alternative, tant’è che è stata bocciata anche dalla Corte costituzionale”.
Capece si rivolge in particolare al Capo del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria Giovanni Russo: “Al Capo DAP Russo rinnoviamo l’invito ad incontrare il SAPPE per affrontare i temi della gestione dei detenuti stranieri, dei malati psichiatrici, della riorganizzazione istituti, della riforma della media sicurezza. Ma chiediamo anche l’immediata applicazione dell’articolo 14 bis dell’ordinamento penitenziario, che prevede restrizioni adatte a contenere soggetti violenti e pericolosi. Sarebbe opportuno dotare al più presto la Polizia Penitenziaria del taser o, comunque, di altro strumento utile a difendersi dalla violenza di delinquenti che non hanno alcun rispetto delle regole e delle persone che rappresentano lo Stato”. Per questo, il primo Sindacato della Polizia Penitenziaria non esclude clamorose forme di protesta dei poliziotti: “perché ormai il tempo delle interlocuzioni è finito: in questi ultimi anni ci siamo recati in ogni istituto di pena del Paese, per adulti e minori, abbiamo pazientemente ascoltato il personale, abbiamo scritto e riscritto alle varie Autorità competenti, ma ci rendiamo conto che chi di dovere non ha ancora intrapreso le iniziative che abbiamo richiesto e che ci aspettavamo”.