Le sentenza arrivata in sede civile del Tribunale de l’Aquila ha colto  tutti con un misto di sdegno e stupore. Chiunque abbia negli occhi il dolore e la forza con cui il capoluogo abruzzese ha reagito nell’emergenza del sisma del 2009 e poi nel processo di ricostruzione materiale e sociale, può solo condividere e rispettare la rabbia dei familiari delle vittime e della città intera: pur nel rispetto di una sentenza, pur nella considerazione che sempre si deve alla magistratura, la decisione attribuisce alle vittime una responsabilità di autodeterminazione rispetto a rischi e conseguenze francamente imponderabili da un singolo. Spiace constatare come dopo la sentenza sulla Commissione Grandi Rischi, si continui a sfibrare il rapporto tra Stato e cittadini nella gestione delle emergenze, soprattutto in un momento storico in cui, considerando il ripetersi di eventi estremi sui nostri territori, tale rapporto invece dovrebbe essere alimentato da fiducia, coordinamento e collaborazione, soprattutto nell’ ottica della prevenzione. Ovviamente ci sarà l’appello.

Molti cittadini nel 2009, proprio a seguito del sisma dell’Aquila, dopo essere intervenuti da subito per fornire assistenza alle persone,  sono  diventati negli anni presidio e punto di riferimento  con tante realtà cittadine per continuare non solo a vigilare sulla ricostruzione in atto, ma per cercare di contribuire a mantenere da subito  lo spirito identitario e la rete di connessioni necessaria a non disperdere il capitale umano e sociale della città. Mai si è spento il faro dell’associazionismo sui rischi di illegalità connessi, a vario titolo, alla ricostruzione, per una ricostruzione pubblica e privata, residenziale e di impresa, di qualità. Oggi la causa civile di cui L’Aquila è tristemente protagonista, dopo che il Tribunale ha assegnato un concorso di colpa ad alcune delle vittime morte sotto le macerie dell’edificio in via Campo di Fossa sbriciolatosi nel sisma del 6 aprile del 2009, non finisce perché il 26 ottobre si terrà un’altra udienza sui risarcimenti  per la morte delle due sorelle Giusy e Genny Antonini, originarie di Sant’Egidio alla Vibrata, vittime anche loro del crollo della palazzina di via Campo di Fossa. La sentenza del 9 ottobre non ha infatti potuto trattare l’istanza dei loro familiari perché non si ritrovavano i fascicoli che le riguardavano, ecco perché la nuova udienza slitta al 26 ottobre.

Sotto lo slogan ‘Le vittime non hanno colpa’, domenica prossima 23 ottobre, dalle 11 si terrà alla villa comunale dell’Aquila, una manifestazione di protesta contro “la sentenza choc” che attribuisce il 30% della responsabilità alle stesse vittime morte nel crollo del condominio di via Campo di Fossa per il terremoto del 6 aprile 2009. Un sit-in al quale si potrà aderire tramite l’indirizzo email levittimenonhannocolpa@gmail.com. La sentenza shock sulla responsabilità delle morti avvenute nel condominio di via Campo di Fossa giudica il comportamento delle vittime del sisma indicandolo come in parte colpevoli del loro destino e lo fa mediante un dispositivo che, parlando di risarcimento economico, di fatto offende la memoria di che è stato.
E’ una sentenza che va letta alla luce delle responsabilità del crollo e inquadrata ponendola accanto a quella di assoluzione della Commissione Grandi Rischi e a quella che condanna un imputato risultato colpevole di aver rassicurato la cittadinanza. Dalla rabbia che generano queste correlazioni e nel ricorso di ciò che realmente accade, dalla volontà di rivendicare risposte, dalla consapevolezza che non resteremo in silenzio nasce la scelta di promuovere questa manifestazione. Il timore, fondato, è che la sentenza terremoto che ha stabilito – per la prima volta – la “corresponsabilità” di alcune delle 24 vittime del crollo in via Campo di Fossa possa fare da apripista ad altre decisioni simili.
Come ha dichiarato l’avvocato Wania Della Vigna, protagonista in numerosi procedimenti penali come legale che tutela gli interessi dei familiari delle vittime del sisma, sia dell’Aquila che di Amatrice. Non è possibile far passare il principio giuridico stabilito dalla sentenza, non ci sono mai state sentenze che riconoscessero una corresponsabilità nel danneggiamento, nelle lesioni o nella morte da parte delle persone che dormivano nello stabile”.