“Tanta voglia di un…Commissario”: parafrasando una nota canzone è quello che pare profilarsi per il caso Gran Sasso dove gli enti interessati, tranne la Procura, ci sembrano più cercare di attuare lo sport nazionale, lo scaricabarile, che applicare le proprie competenze e fare il proprio dovere.
Su una cosa alcuni soggetti iniziano però a convergere: nominare un nuovo commissario straordinario dopo il primo, Balducci, che riuscì tra il 2004 e il 2008 a spendere oltre 80 milioni di euro senza risolvere nulla o quasi come attestato oggi dai periti della Procura di Teramo. Operazione che ebbe come unico vero risultato tangibile quello di far scendere il silenzio sulle enormi criticità del sistema Gran Sasso, rimaste sotto traccia fino al riemergere dei problemi nel 2016, peraltro solo per un fortuito errore di comunicazione, con l’incidente del diclorometano.
La Procura di Teramo recentemente ha chiesto a tutti gli enti di fare la loro parte. Ecco, non servirebbe alcun Commissario se tutti i soggetti coinvolti si adoperassero per fare il loro dovere applicando le loro competenze.
A mero titolo di esempio, la Regione potrebbe approvare la Carta di Salvaguardia delle acque prevista dal 2006 e su cui dunque vi è un’omissione clamorosa da 13 anni. L’INFN dovrebbe allontanare immediatamente le 2.292 tonnellate di sostanze pericolose degli esperimenti LVD e Borexino (e la regione non dovrebbe posticipare surrettiziamente il termine per l’operazione al 31/12/2020 come purtroppo previsto dalla Dgr.33/2019); sempre l’INFN dovrebbe rinunciare ad esperimenti che appaiono incompatibili con le norme vigenti, come Luna Mv; lo Stato dovrebbe reperire le risorse richieste dalla Regione; i Vigili del Fuoco, il CTR regionale, le prefetture e il Ministero dell’Ambiente dovrebbero chiarire come sia possibile sostenere la sussistenza della sicurezza del sistema per il rischio di incidenti rilevanti (direttiva Seveso) rispetto a quanto emerso dall’inchiesta della Procura di Teramo e a quanto ammesso dalla stessa regione che chiede 170 milioni di euro per attuare quella messa in sicurezza che evidentemente non c’è. E così via.
I commissariamenti in Italia e sul Gran Sasso si sono rivelati quasi sempre un fallimento senza risolvere alcunché. Non vorremmo che con il Commissario arrivino poi anche deroghe proprio a quelle norme poste a tutela di cittadini e ambiente che gli enti non riescono a far rispettare da anni, dall’Art.94 del D.lgs.152/2006 (Testo unico dell’Ambiente) sulle distanze delle sostanze pericolose dalle captazioni a quelle sulle procedure di Valutazione Ambientale per gli esperimenti dei Laboratori. Insomma, non vorremmo che il commissariamento sia solo il modo per mascherare l’incapacità degli enti di agire per altri 10 anni.
Citando un adagio utilizzato da eminenti personaggi “A pensare male del prossimo si fa peccato ma spesso si indovina”.
Per quanto riguarda la questione dei tunnel leggiamo che Strada dei Parchi è sul piede di guerra per la Delibera Regionale 33/2019 con cui si individuano gli interventi necessari per mettere in sicurezza il Gran Sasso, per un ammontare di oltre 170 milioni di euro.
Situazione che ci pare piuttosto singolare a leggere gli articoli di stampa, visto che 1)nella Delibera viene allegata una delle proposte progettuali elaborate proprio da Strada dei Parchi (anche se la società tra le diverse ipotesi avrebbe voluto sposare quella per un terzo traforo, soluzione scartata dalla regione); 2)la regione chiede proprio allo Stato i fondi per attuare questa proposta e quelle giunte da INFN e Ruzzo per le rispettive strutture. Non capiamo, quindi, quale sia il problema. Servirebbero maggiori particolari sulle doglianze della società e, anzi, invitiamo a pubblicare tutti i carteggi e il testo del ricorso al TAR annunciato dalla società.
Alleghiamo la delibera 33/2019 e l’estratto sui fondi.
MOBILITAZIONE PER L’ACQUA DEL GRAN SASSO
GranSasso_DGR_33_2019.pdf