“Gesù al vaccino per me pensaci tu dopo gli altri”. “Giuseppe per la tua festa fammi saltare la fila come i furbetti del vaccino”. “Maria fammi passare prima degli altri se sei la salvezza dell’anima mia”. “Siamo tutti fratelli”. Bla bla bla. Ci siamo, è iniziato il refrain di Pasqua. Amiamoci tutti” “Evviva Gesù”.  Ma per avere i vaccini i Paesi poveri possono aspettare. Anche morire. Così diamo una sfoltita.

Si diceva, a un anno esatto dalla pandemia, che ne saremmo usciti migliori. Oggi, con grande amarezza, abbiamo la certezza che non sia andata così. È inutile girarci intorno, perché purtroppo sta vincendo il virus anche per la guerra che sui vaccini si sta consumando sotto traccia, tra potenze mondiali e le grandi case farmaceutiche; e lo conferma in maniera plateale l’ultima decisione dei paesi del Wto che hanno messo nero su bianco un verdetto, che oltre a prolungare l’agonia da Covid-19, intende rafforzare quella divisione nel mondo, tra ricchi e poveri.

Dai Paesi ricchi, in seno all’Organizzazione mondiale del commercio (Wto), è infatti arrivato il no a un’intesa con il Sud del mondo sui brevetti per la produzione di vaccini contro il coronavirus. Solo Cuba ha rinunciato ai diritti per il suo Cubavax che arriverà a giugno.  L’accordo avrebbe reso più semplice la produzione dei vaccini in regioni del mondo a basso reddito, laddove le campagne vaccinali faticano a partire. Se Stati Uniti, Ue, Canada e altri Paesi ricchi hanno già vaccinato milioni di persone, la grande maggioranza Brasile, India, Nigeria e altri Paesi poveri potrebbe impiegare fino a quattro anni per raggiungere l’immunità di gregge. La concentrazione produttiva, inoltre, pregiudica anche molti Paesi del Nord, Italia inclusa, che fanno fatica a trovare le dosi necessarie. Per questo hanno avanzato un’iniziativa, sostenuto da oltre 100 Paesi in via di sviluppo, per una sospensione temporanea dei brevetti. Iniziativa però bloccata. A non accogliere la proposta 8 Paesi ad alto reddito. Inutile dire quali. Tra questi l’Italia. Secondo questi Paesi, i brevetti sarebbero importanti incentivi all’innovazione.

Pensando ai morti che ancora abbiamo dopo un anno di pandemia e tre milioni e mezzo di morti, alcuni governi continuano ad ignorare,  per i grandi interessi economici che ci sono, che la sospensione dei monopoli possa contribuire a un più ampio accesso a cure, vaccini e test diagnostici consentendo deroghe al cosiddetto accordo Trips sulla proprietà intellettuale in circostanze di “particolare gravità”. Come quelle attuali. Se non ora, quando.

La decisione presa dai “paesi ricchi del nord”  patria della grandi case farmaceutiche: Usa, Ue e Giappone in testa, costituisce un affronto al diritto alla salute delle regioni del mondo più povere, che hanno finora ricevuto soltanto lo 0,2% delle 300 milioni di dosi di vaccino somministrate nel mondo. I governi dei Paesi più ricchi del pianeta si sono assunti una grave responsabilità, che provocherà purtroppo moltissimi altri lutti. La mancata condivisione si configura come un serio ostacolo alla diffusione dei farmaci anti-Covid. Con il rischio, in primo luogo, di creare un’apartheid vaccinale tra il “Club dei Grandi” – dieci Stati ricchi si sono accaparrati il 91 per cento delle scorte – e la metà povera del pianeta.

Nei mesi scorsi più volte papa Francesco ha chiesto che il vaccino sia reso disponibile a tutti in maniera equa invocando la fine delle disuguaglianze. L’attuale scarsità di vaccini è dovuta alla limitata capacità di produzione a livello globale, che trova la sua origine nel sistema di monopoli con cui operano le case farmaceutiche, che al momento, con brevetti esclusivi, non condividono tecnologia e know-how.