Fino a una manciata di mesi fa, si definiva ristorazione eroica quella portata avanti in cima alle montagne, lontano delle rotte turistiche, in aree dal transito ridotto. Era impresa da pochi, coraggiosi e qualche volta un po’ incoscienti. Poi è arrivato il Covid-19, che ha sconvolto il mondo e ha messo in discussione ogni tassello della nostra vita e ogni termine del nostro vocabolario. E così sono diventati tutti degli eroi. Di cui una piccola fetta – 2650 locali – sono l’anima della 32ma edizione della guida dei ristoranti d’Italia dal Gambero rosso, la più autorevole guida del settore della gastronomia  italiana, guida ambitissima dai ristoratori, che ogni anno sperano di essere tenuti in considerazione da questa prestigiosa rivista,  autorevole ed influente, una delle più autorevoli sul tema, sia  in campo nazionale che internazionale.

C’è il “comin’ home” di Cannavacciuolo  ; lo split targato Botture / Ferrari ; il doppio colpo di Carlo Cracco a Portofino; la crescita impetuosa a Nola del freschissimo Re, Santi e Leoni di Luigi Salomone. E dietro di loro pedala un plotone nutrito e variegato guidato nelle Marche da Andreina, a Roma l’Enoteca La Torre a Villa Laetitia e la cucina insieme classica e originalissima di Domenico Stile e a TERAMO c’è “La cantina di porta romana” del cantiniere  ristoratore Marcello Schillaci con la sua vocazione che è diventata arte. Arte della cucina tradizionale teramana.

Basta sedersi da lui  per scoprire dalle sue parole che  il quartiere di Porta Romana a Teramo, dall’anteguerra fino agli anni ’60, è stato il principale punto di riferimento per pastori e contadini dell’entroterra. Passaggio obbligato per la transumanza, ma anche per raggiungere i mercati cittadini per scambiare e fare rifornimento di materie prime. Marcello è nato e cresciuto a pochi metri dalla cantina, ha vissuto il quartiere quando era il cuore pulsante di una città sempre viva, dinamica, accogliente e solidale. Fin da piccolo ha maturato una sensibilità verso la cucina, i sui profumi e i suoi sapori. Anche per questo nel 2004 non si è lasciato scappare l’occasione di riportare in vita la cucina delle cantine, proprio sotto quel porticato di porta romana, dove con le biglie giocava a “pancotto” sul ciottolato, in attesa che si rinnovasse il rito del bicchiere di spuma della domenica. Un’attesa che durava una settimana e che serviva a placare gli animi irrequieti dei più giovani abitanti del quartiere.

Oggi Marcello, titolare della Cantina di Porta Romana, ripropone la cucina tradizionale teramana, con tanti di quei piatti storici, caratteristici dei quartieri all’interno delle mura cittadine. Chitarra con pallottine, tajuline e fasciul, mazzarelle, trippa, vari tipi di spezzatini, scrippelle mbusse col freddo, ravioli a Carnevale, fino ad arrivare alle virtù nel periodo pasquale. Così dal 25 aprile per tutto il mese di maggio attira turisti curiosi di assaggiare un piatto figlio di una cucina di recupero, con ingredienti poveri, ma nobile perché simbolo per eccellenza della tradizione e del rito solidale del “pentolino”, utilizzato dalle famiglie benestanti per donare porzioni del prezioso cibo alle persone meno abbienti.