Ricordare Rigopiano, vuol dire riportare alla memoria un tragico evento che mise sotto i riflettori una macchina organizzativa di questa regione che avrebbe dovuto funzionare e che invece dimostrò di non saper prendere decisioni degne di questo nome.
Sono trascorsi ventiquattro mesi da quel tragico 18 gennaio del 2017, ma lo sconvolgente quadro ancora tarda a ricomporsi.
Rigopiano mi riporta alla memoria la volontà commovente che i primi soccorritori dimostrarono di possedere, senza risparmio e manifestando una abnegazione ed un senso del dovere tali da considerarli a tutti gli effetti, eroi del nostro tempo.
Quale stridente contrasto tra quel concedere ogni briciola di energia nell’intento di riportare in superficie quante più persone, tra personale dell’albergo ed ospiti e quella superficialità, quell’approssimazione, quel senso di noncuranza nell’esercizio dei propri compiti con cui i funzionari delle diverse istituzioni pubbliche si mossero!
In quella circostanza mi è sembrato stupefacente che sia lecito lasciare che chiunque risponda al telefono, conferendo con un pubblico, verso il quale nulla si sa, molto si suppone, tanto si interpreta.
Mi pare che non sia cambiato alcunché sotto questo profilo: ancora oggi il cittadino si approccia alle istituzioni con difficoltà, soprattutto con sfiducia, dando la netta percezione che le risposta che riceverà non sarà rispondente al quesito posto, non ci sarà alcun accompagnamento chiarificatore che renda il soggetto più arricchito perché possessore di una migliore conoscenza del problema.
Rigopiano, se una cosa avrebbe dovuto insegnare, è proprio favorire la disponibilità all’ascolto.
Cosa amaramente dobbiamo constatare? Che i responsabili chiamati ad assumere decisioni che avrebbero potuto evitare quel numero di vittime, hanno utilizzato il proprio tempo per scagionarsi, per mettersi sulla difensiva, deplorando di essere stati sbattuti in un “tritacarne mediatico”: non ho sentito parole di compenetrazione del dramma vissuto dalle vittime e dai loro familiari.
Le tragedie, se non insegnano, sono opportunità perdute.
L’augurio che facciamo a noi stessi, in modo particolare, sia quello di essere meno approssimativi nel dare risposta a chi ci chiede qualcosa.
Porsi domande di questo tipo: io avrei piacere di ricevere risposte sbrigative ed elusive quando pongo domande a chi presumo abbia tutti gli strumenti per offrirmi reali soluzioni ?
Forse questo dettaglio che non costa molto, ma che favorisce uno scambio virtuoso tra persone che a diversi livelli, sono chiamate ad operare, è proprio saper ascoltare, cioè non essere prevenuti o non supporre di sapere o di interpretare. Rigopiano e la tragedia che ne derivò è stata anche l’effetto di cattivi ascoltatori verso angosciose grida di aiuto.
L’Abruzzo torna alle urne per la prima volta dopo la sciagura di Rigopiano: l’invito a tutti i candidati è che sappiano trasmettere al proprio elettorato la propria volontà di contrastare in ogni modo il pressapochismo, la superficialità, lo “scaricabarile”, la cultura del “non mi compete”: forse questa regione ha davvero bisogno di una rinascita che passi attraverso una sinergia delle competenze e delle intelligenze. Se questa semplicissima evidenza non viene colta, poi non lamentiamoci del perché non cresciamo. Lo sviluppo cammina sulle gambe di coloro che sanno essere squadra!

Ernesto Albanello