TERAMO – Mi raccontavano di un ex giovane che a metà degli anni ottanta, alla classica gara di calcio tra amici, ancora peggio se doveva disputarsi su un campo sterrato e pieno di pozzanghere, preferiva il volley, anche misto… Strano? No. Ci sta: lo sport è uno, più o meno popolare, più o meno ricco.
Erano e sono sempre state diverse, invece, le dinamiche: il calcio, ad esempio, impone atteggiamenti e comportamenti che, se debordanti, diventano oggetto di valutazioni molto ampie. Alla lunga uno, due, dieci, cento “fuori pista”, ti sfiancano, anche se mai riconosciuti come tali… e poi ci sono le luci della ribalta! Spegnerle rimane difficile, anche da chi ne sminuisce la forza, tant’è che rinnegando il proprio dire, prova restare in scena, pur vantando un valore inferiore a quello di una modesta comparsa.
Il rovescio della medaglia? Esiste. C’è chi è nato, infatti, per essere vicino alla pallavolo il quale, dopo 1.000 anni di anonimato sportivo, s’era avvicinato al calcio e anche ad altro. A livello mediatico è un mondo diverso e poco importa se lo si viva da autentico e raro pesce fuor d’acqua. L’importante è mettersi in mostra ed essere considerato quanto più possibile, anche senza averne titolo. Certo, bisogna spendere qualcosina in più: tanto, troppo? No. Anzi si, visto che il rapporto “dare soldi” in cambio di “immagine e di popolarità“, senza considerare d’essere stato spogliato sul campo dall’essere “primadonna“, lo ricondurranno verso la casa madre.
Si incroceranno i due soggetti? Possibile.
Anzi, auspicabile. Il calcio può farne a meno.