ROMA – Nel 2020, annus horribilis dell’economia italiana, la pressione fiscale è salita al 43,1%, indica il rapporto dell’Ufficio studi della Cgia, e la crisi ha colpito soprattutto l’economia del Sud. Secondo l’indagine Istat realizzata verso la fine dell’anno scorso, dall’incrocio dei dati relativi al numero di imprese che hanno denunciato di essere a rischio operativo Alto e Medio Alto, con il corrispondente numero di addetti interessati, è possibile mappare il rischio operativo del nostro sistema economico. Dal risultato di questa operazione è emerso che il Mezzogiorno è la ripartizione geografica più colpita dalla pandemia e l’Abruzzo è tra le cinque regioni ad Alto rischio combinato, con Campania, Basilicata, Calabria e Sardegna. Altre 2, invece, sono a Medio Alto rischio (Puglia e Sicilia). Nel Sud solo il Molise si trova in una situazione di rischio combinato Medio-Basso.
Al Centro, invece, preoccupa la situazione dell’Umbria (Alto-Rischio), del Lazio e della Toscana (Medio-Alto Rischio). Al Nord, infine, preoccupa la situazione emersa in Valle d’Aosta e nella provincia autonoma di Bolzano che ricadono nell’area a Medio-Alto rischio combinato. Rispetto a tutte le principali regioni settentrionali, il Veneto presenta un livello di vulnerabilità superiore; tale situazione è riconducibile alla sua forte vocazione turistica e alla crisi registrata, in particolar modo, del settore delle pelli e del tessile/abbigliamento.
Più in generale, segnala l’Istat, la fragilità di un territorio è ascrivibile sia al grado di diffusione dei settori maggiormente colpiti dalla crisi sia dal livello di specializzazione dell’economia locale in tali attività. In particolare, soffrono più degli altri il tessile, l’abbigliamento e la lavorazione della pelle, settori duramente provati in questo ultimo anno dalla forte contrazione registrata dalla domanda interna e da quella internazionale.
Altrettanto drammatica è la situazione dei comparti che ruotano attorno al turismo (alberghi, tour operator, agenzie di viaggio, trasporto pubblico locale, etc.), il commercio al dettaglio, gli ambulanti, bar e ristorazione, le attività culturali (musei, cinema e teatri), quelle sportive (piscine, palestre) e quelle legate al tempo libero (parchi divertimenti, spettacoli viaggianti, discoteche, etc.) che più degli altri hanno subito gli effetti negativi dei provvedimenti di chiusura e di distanziamento fisico imposti dal Governo. (AGI)