TERAMO – L’Associazione “Teramo città solidale & cittadinanza attiva” integra il documento unitario presentato con i comitati e le associazioni riunite della città, riportando le riflessioni esposte nel corso dell’incontro promosso dall’Amministrazione comunale lo scorso 5 febbraio presso il Parco della Scienza a seguito del parere espresso dalla Soprintendenza sul progetto di fattibilità tecnica ed economica a firma degli architetti dello studio associato Bellomo per il recupero del Teatro romano.
L’intervento approvato dal Consiglio comunale nel 2010, ovvero la soluzione c), la terza delle quattro proposte presentate all’Amministrazione comunale dal prof. Giovanni Carbonara, viene definito dal dpR 6 giugno 2001 N. 380 all’art. 3 comma 1 lettera f) come intervento di “ristrutturazione urbanistica”.
Le norme tecniche di attuazione del Piano Regolatore Generale vigente del Comune di Teramo con l’Art. III.9, oltre a riprendere nel primo comma la definizione di cui all’art. 3 comma 1 lettera f) del dpR 6 giugno 2001 N. 380, chiarisce al quarto comma che ”l’intervento di ristrutturazione urbanistica è soggetto all’approvazione preventiva di un Piano di attuazione, salvo i casi in cui le tavole e le norme di P.R.G. precisano in maniera particolareggiata la disciplina d’uso e di intervento”.
Purtroppo per quest’area il Comune non ha mai adottato alcun piano particolareggiato che definisca in termini urbanistici l’intervento che il Consiglio comunale, unico organo istituzionale accreditato a deliberare in tal senso, approvò nel 2010 facendo propria la scelta della soluzione c) del prof. Giovanni Carbonara. Ma è altrettanto vero che per l’articolazione e per gli approfondimenti contenuti nell’dea progettuale del prof. Carbonara lo studio di fattibilità propone un intervento dettagliato e particolareggiato che contiene al tempo stesso una soluzione di riqualificazione urbana oltre alla rifunzionalizzazione dell’antica struttura del Teatro Romano.
L’intervento progettuale, presentato il 1° Ottobre dello scorso anno dallo studio associato di architettura dell’arch. Bellomo, che si contempla quindi come una quinta soluzione in alternativa a quelle presentate del prof. Carbonara e che in particolare si configura come soluzione estremamente diversa da quella approvata dal Consiglio comunale nel 2010, sia sotto l’aspetto architettonico che sotto l’aspetto urbanistico, ambientale e volumetrico (forse anche perché in assenza di un piano particolareggiato è stata data piena libertà di intervento allo studio Bellomo), qualora dovesse essere sottoposto all’approvazione da parte del Consiglio Comunale senza la preventiva approvazione di un piano di attuazione, chiaramente in variante al PRG vigente, che riconfermi la soluzione c) dello studio di fattibilità del prof. Carbonara, potrebbe avere l’effetto di annullamento del deliberato consiliare del 17 dicembre 2010, a maggior ragione se la soluzione approvata dalla Giunta comunale fosse diversa nei volumi e nella riorganizzazione degli spazi urbani presa in esame dall’assemblea rappresentativa comunale.
Lodevole è invece la valutazione del progetto da parte della Soprintendenza che è certamente intervenuta, non come molti sostengono a margine di un procedimento in itinere, ma nell’ambito delle sue competenze istituzionali, al fine di fornire alla stazione appaltante gli indirizzi preliminari ancor prima dell’approvazione del progetto di fattibilità tecnica ed economica, così come si convenne con l’ex sottosegretario Ilaria Borletti Buitoni nel 2017 presso il Ministero dei Beni culturali, incontro promosso con le associazioni e il coordinamento dei comitati di quartiere dal presidente della Commissione regionale alla cultura Luciano Monticelli.
Va precisato che nell’area oggetto dell’intervento esistono due sottozone con destinazioni diverse: la prima si identifica in un ambito territoriale caratterizzato da importanti evidenze archeologiche e si presenta come museo all’aperto, la seconda di acclarato interesse archeologico ancora occupata da fabbricati privati ad uso misto (residenziale/commerciale), per la cui liberazione la soprintendenza ha suggerito da sempre la demolizione mediante smontaggio al fine di tutelare e recuperare eventuali reperti che potrebbero essere stati utilizzati per la costruzione dei fabbricati stessi.
La Soprintendenza ai beni archeologici e culturali è intervenuta nella consapevolezza che l’intervento prospettato dall’Amministrazione comunale si rifacesse alla soluzione c) della proposta del prof. Carbonara e che pertanto la stessa è da considerarsi quella cui deve riferirsi la proposta progettuale dei tecnici incaricati dello studio associato Bellomo, chiaramente arricchita dai suggerimenti e dalle prescrizioni che la Soprintendenza medesima ha formulato in via preliminare.
La soluzione c) oltre alla rifunzionalizzazione dell’antica struttura del Teatro Romano propone una riqualificazione urbana di tutta l’area, riportando la quota della viabilità urbana alla quota originaria dell’ima cavea riconvertendola in gran parte ad area pedonale ed aree verdi per poi ricollegarla al sistema viario esistente del Centro storico attraverso rampe ciclopedonali.
E’ proprio per questo motivo che non si possono ritenere scaduti i termini per la partecipazione popolare, come sostenuto da alcuni interventi nei giorni scorsi a mezzo stampa che nell’affermare l’avvenuta partenza del treno della progettazione hanno ritenuto inopportuna qualsiasi ulteriore riflessione da parte dei cosiddetti non addetti al lavoro e quindi un implicito invito a non disturbare il macchinista alla guida del treno in corsa.
Noi invece crediamo che la città è dei cittadini e i Teramani devono sapere se i milioni di euro che saranno spesi servono per realizzare quella soluzione c), approvata dal Consiglio comunale il cui importo presunto era di 10.525.000,00 euro, al netto dell’importo dovuto per l’acquisizione degli immobili privati insistenti sull’area, la quale contemplava la riproposizione funzionale della cavea, la necessaria demolizione dei palazzi Adamoli e Salvoni e l’esecuzione degli scavi nella stessa area, oltre alle altre opere di completamento già comprese nella soluzione B): i restauri conservativi del Teatro romano, gli scavi sull’area circostante, le sistemazioni urbane e a verde degli spazi adiacenti, la riconfigurazione della facciata del palazzo risalente agli anni ’60, la ricostruzione di edifici per il risanamento del tessuto urbano, la riqualificazione delle facciate prospicienti.
Bene! Di fronte ad un intervento di così ampio respiro, così articolato e di interessante valore urbanistico ed ambientale, per quale motivo i cittadini non dovrebbero partecipare? Essi hanno il diritto di dover conoscere se gli obiettivi fissati con la soluzione c) saranno rispettati ovvero se ci sarà: la ricomposizione del tessuto urbano, la liberazione completa del teatro, la realizzazione di una nuova cavea funzionale, e infine la creazione di una piazza urbana con aree verdi.
Considerato che, come da richiesta dei comitati e delle associazioni, l’obiettivo principale da raggiungere con l’approvazione del primo stralcio funzionale è l’acquisizione mediante procedura espropriativa degli immobili da demolire, tutto quanto sopra necessita al fine di procedere all’avvio del procedimento amministrativo diretto all’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio di pubblica utilità in corretta applicazione del disposto di cui all’art. 11, comma 2, del D.P.R. n. 327/01 (testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilità), onde evitare che un ricorso al TAR da parte dei privati possa definitivamente affossare tutto il procedimento espropriativo e quindi mettere la parola fine ad un sogno ultradecennale dei cittadini teramani .
Raffaele Raiola – Presidente dell’associazione “Teramo città solidale & cittadinanza attiva”