di giosia

TERAMO – L’uovo di Colombo per la Asl di Teramo è puntare sull’Adi (Assistenza Domiciliare Integrata) e continuare a ospedalizzare meno. I conti della serva dicono che una giornata di degenza, seguendo i nuovi canoni di curarsi a casa, costa solo circa 80 euro a Circonvallazione Ragusa, mentre nei nosocomi ben 450. Ecco allora che la Asl fa registrare un incoraggiante + 20% di Adi (dati 2017). E come riferisce il referente del settore, Tommaso Ceci, “i pazienti visitati sono stati ben 13.380, con 82 mila prestazioni svolte. La spesa complessiva è stata di 3,6 milioni di euro per una cifra pro capite di 11 euro a Teramano”. Un balzo in avanti che avvicina la nostra provincia a quelle del Nord dove i tassi di ospedalizzazione sono congrui: difatti dopo due giorni di media di degenza “si va a casa”. Ora il problema resta quello di “standardizzare le prestazioni a livello qualitativo su tutto il territorio, così ad Alba Adriatica come a Cortino”. “Il paziente a casa lo assistiamo in toto, in maniera olistica, a livello sanitario come sociale, con una rete di assistenza specialistica”. Porta l’esempio del malato con le piaghe da decubito “curato un tempo dagli infermieri”: “Adesso ci siamo migliorati, siamo più specialistici, e in più, ora la parola riabilitazione da noi trova più spazio”.

“L’Adi rappresenta l’immediato futuro della sanità” dichiara il dg Roberto Fagnano. “Perché dobbiamo portare il paziente in ospedale per acuti a beccarsi infezioni, con il rischio di distruggere il sistema di affetti famigliari” si chiede il dg. Fagnano riferisce di aver investito molto, anche nell’assistenza domiciliare oncologica, “aumentando i costi ma lasciando l’azienda in equilibrio economico; nell’hospice va solo il paziente verso il quale la famiglia non è in grado di comportarsi da caregiver”.

Sviluppando dinamiche ragionieristiche, il manager Asl rende noto che “nel nosocomio il paziente costa dalle cinque alle dieci volte di più che assistito con l’Adi: “E’ sicuramente un uovo di Colombo ma anche una scelta obbligata e necessaria, il paziente deve stare a casa fin quando può essere curato tra le mura domestiche, non tralasciando i suoi affetti”.

Anche alla Asl di Teramo la degenza media è scesa parecchio: “Il tasso di ospedalizzazione è al di sotto degli standard, siamo anche a 140 per mille, l’Abruzzo ha fatto passi avanti notevoli”.

Resta il fenomeno dei troppi anziani soli che la Asl cura e trattiene, senza sbrigare e accelerare le loro dimissioni, perché non saprebbero nemmeno dove andare, così in tal fatta si esercita una certa funzione sociale verso alcune fragilità.

Anche l’Hospice, luogo in cui può terminare il viaggio di un paziente che secondo i requisiti di legge abbia un’aspettativa di vita inferiore ad un anno, posto tra l’altro poco conosciuto dagli italiani, ha la sua assistenza domiciliare. Tra struttura e Adi “sono 500 i pazienti curati nel 2018 con l’assistenza palliativa per un totale di 13.500 giorni” spiega il responsabile della struttura Claudio Di Bartolomeo, anche lui intervenuto ieri mattina alla XXVII giornata del malato, presso l’ospedale Mazzini di Teramo. “Qui né acceleriamo né ritardiamo la morte ma portiamo sollievo al dolore”. E proprio in questo contesto “la casa può essere il luogo ideale dove andare a morire, chiaramente in presenza di caregiver”. I pazienti abruzzesi negli hospice sono 54 mila. In Adi la cura del paziente ammonta a 80 euro contro le 309 della struttura sanitaria”. Infine, sulle liste di attesa che si creano presso l’ex sanatorio (fenomeno però molto fluido), Di Bartolomeo chiarisce che a lui servirebbero altri 10 posti letto oltre ai 10 già in possesso.

 

Maurizio Di Biagio