La frase ‘Le idee restano” svetta sul monumento raffigurante l’immagine eterna dei giudici uccisi dalla mafia Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, posta a futura memoria sul monumento itinerante che celebra le due importanti figure italiane. Un invito a non allentare mai la lotta per la  giustizia, la libertà, l’onestà e contro corruzione e criminalità, che gira l’Italia come un simulacro. Ieri è stato disvelato anche all’Aquila – prima di essere davanti al Viminale a Roma per una iniziativa dei familiari delle vittime il prossimo 21 marzo  con una cerimonia  all’auditorium del parco del castello, il monumento itinerante realizzato dall’artista Valentino Giampaoli con gli studenti del liceo artistico di Castelli, in pietra della Majella e che ha vinto il ‘Premio legalità’ nel 2020. S’intitola ‘Il sorriso di Giovanni e Paolo’, perché il sorriso, nell’immaginario collettivo, è qualcosa di bello e di eterno, di invincibile. L’appuntamento è stato organizzato nell’ambito delle iniziative promosse dal ‘Premio nazionale Paolo Borsellino’, per celebrare il trentennale  del Premio e delle stragi di Capaci e via D’Amelio. Per ricordare così chi non c’è più, uomini e donne delle istituzioni, politici, magistrati, sacerdoti, sindacalisti e giornalisti, o semplici cittadini morti per difendere il Paese dalle mafie, ma anche chi è vivo e con il suo impegno si batte ogni giorno per la democrazia e la giustizia.

Alla cerimonia sono intervenuti il sindaco dell’Aquila Pierluigi Biondi, la presidente della Corte d’Appello dell’Aquila Fabrizia Francabandera, la presidente dell’Anm Abruzzo Roberta D’Avolio e il generale dei Carabinieri Angiolo Pellegrini, il procuratore della Repubblica del tribunale dei minori David Mancini.

Il sindaco ha ricordato “le donne e gli uomini che hanno perso la vita nell’esercizio del loro potere. Siamo in presenza di giovani e giovanissimi e vorrei provare a ricordare quella generazione: immaginate – ha detto il sindaco ai giovani studenti presenti all’auditorium – era l’Italia che si era scrollata di dosso gli anni di piombo, dell’impegno per la politica e che affrontava gli anni Ottanta con quella leggerezza classica di una nazione che aveva passato momenti duri e viveva il boom economico, si pensava esclusivamente alle cose belle, positive e i giovani non avevano tanti punti di riferimento se non musicali. Invece l’inizio degli anni Novanta arrivò deflagrante a ricordarci che da decenni esisteva un fenomeno come quello della criminalità organizzata che era un antistato e guadagnava illecitamente, ma che ammazzava anche e non soltanto tra appartenenti a cosche diverse ma prendeva di mira coloro che ne mettevano in discussione l’agibilità dei territori e cercava di confinarne l’azione. E fra loro c’erano Falcone e Borsellino, assassinati a poca distanza di tempo. Fu una maturazione non soltanto anagrafica per la mia generazione. Imparammo a riconoscere nell’icona scolpita nella pietra di Castelli il senso profondo dello Stato”.

L’icona di Falcone e Borsellino “rappresenta l’amicizia tra due persone che condividono lo stesso impegno nel lavoro e nella legalità – ha detto D’Avolio – e che sono due persone che avevano momenti per sorridere, umani. Non dobbiamo vedere queste figure come dei ‘santini’ o degli eroi: come ha detto David Mancini, Falcone e Borsellino non si sono mai sentiti degli eroi, riderebbero a questo pensiero. Sono molto di più: un esempio del quale tutti noi dobbiamo farci carico per portarli nella vita di tutti i giorni, di dedizione al dovere, coraggio, dedizione all’onestà, tensione morale verso la libertà, che si accompagna in modo imprescindibile alla legalità. Perché se rispettiamo le regole siamo persone libere dalle lusinghe del potere, dai condizionamenti, di rifiutare i privilegi: persone libere perché scegliamo quotidianamente quello che è giusto e che è sbagliato. Ma cosa ci spinge a vivere verso il bene? La legge morale di Kant, la sensazione di avere di essere persone buone, di sentirsi di agire secondo coscienza e nel rispetto della legge. Nel 1992, anno delle due stragi di Capaci e via D’Amelio segna un prima e un dopo come è stato qui per il terremoto. Il boato di quelle stragi ha cambiato la coscienza, il modo di vedere. Il sacrificio di questi due grandi uomini, la loro eredità sono stati di aver portato davanti alle nostre coscienze in modo definitivo la consapevolezza che da sola la risposta giudiziaria non è sufficiente a sconfiggere il fenomeno ‘mafia’. Per riuscirci – ha aggiunto la magistrata – occorre una crescita culturale della società, che si realizza attraverso l’educazione e la formazione proprio di voi giovani ai valori e ai princìpi fondanti della nostra Costituzione: legalità e giustizia. E poi ci hanno ricordato che cosa significa essere persone per bene, lavorare, essere operosi e svolgere le proprie attività nel rispetto della legge e agire tenendoci lontano dalle insidie e dal pericolo. Falcone e Borsellino hanno messo il bene comune al di sopra dell’interesse personale, sempre, e quindi rischiando anche la morte e morendo. Il mio invito è di ascoltare, vedere queste due figure come un esempio da portare sempre con voi di come agire”