PESCARA – Progetto di Legge della Regione Abruzzo in materia di “gestione dei corsi d’acqua e di interventi di manutenzione fluviale e compensazione”: per le Associazioni norma da rivedere totalmente, c’è il rischio che si peggiori ulteriormente lo status dei fiumi della nostra Regione, senza ottenere alcun reale beneficio per il governo del territorio.
Gli effetti tragici causati sempre più spesso da intensi eventi alluvionali – come quello recente che ha colpito le Marche – destano forte impressione nella popolazione e negli Amministratori, giustamente preoccupati di voler mettere quanto più possibile in sicurezza le proprie comunità.
Questo comprensibile sentimento non deve però portarci ad agire d’impulso e a perdere di vista le
basilari strategie di governo del territorio per fronteggiare in modo resiliente gli effetti di fenomeni
naturali amplificati dall’azione dell’uomo e dai cambiamenti climatici.
La “soluzione” a tali problematiche non è univoca e certo non può limitarsi alla necessità di “pulire
gli alvei”, identificando come unici responsabili alberi e sedimenti, perché si tratta di un falso
rimedio, scientificamente infondato, con un rapporto costi-benefici molto discutibile e che può
addirittura comportare un peggioramento delle condizioni di rischio già presenti sui territori.
In particolare, il D. Lgs. 152/2006 ha chiaramente stabilito l’obbligo di pianificare la gestione dei
sedimenti fluviali a livello di bacino idrografico attraverso lo strumento del Programma di Gestione
dei sedimenti, con l’obiettivo esplicito di migliorare lo stato morfologico ed ecologico dei corsi
d’acqua e di ridurre il rischio di alluvioni. Ne deriva che andrebbero assolutamente evitate
operazioni di movimentazione o asportazione di sedimenti dall’alveo effettuate in modo
estemporaneo e su presunte criticità di carattere locale senza un’adeguata conoscenza dei fenomeni.
Queste iniziative non solo non sono risolutive ma, anzi, rischiano seriamente di innescare
dissesti morfologici ben più gravi di quelli che si intendono contrastare.
Per tali motivazioni, esprimiamo le nostre preoccupazioni nei confronti del progetto di legge
n.170/2021 d’iniziativa della Giunta Regionale recante “Norme in materia di gestione dei corsi
d’acqua e di interventi di manutenzione fluviale e compensazione” che va in direzione esattamente
contraria a quanto viene enunciato nell’art. 1 della proposta, laddove fa riferimento a principi di
sviluppo sostenibile, tutela ambientale e interventi per la riqualificazione dei corsi d’acqua e delle
funzioni ecosistemiche ad essi connessi. Nella documentazione del progetto di legge ravvisiamo
esattamente i presupposti per contravvenire tali principi, con una proposta di norma che si colloca
completamente al di fuori del contesto giuridico-amministrativo, pianificatorio e progettuale
definito dalle principali normative e policy europee e nazionali, in aperto contrasto con gli scopi
perseguiti dalla Direttiva 2000/60/CE, la cosiddetta Direttiva Quadro sulle Acque.
Ci sembra allora doveroso sottolineare che nel merito dei suoi contenuti, il PdL evidenzia
un’anacronistica visione localistica e non integrata della gestione dei corsi d’acqua che si
concentra sugli effetti dei fenomeni senza affrontarne le cause.
Dalla lettura della relazione che accompagna il PdL emerge un’impostazione unicamente
focalizzata sulla manutenzione idraulica degli alvei, senza tenere in alcuna considerazione che la
dinamica dei sedimenti non determina solo la morfologia ma anche la funzionalità ecologica dei
corsi d’acqua e la gestione del loro rischio alluvionale. A tal fine propone dei meccanismi che
sembrano voler operare su presunti “tratti sovralluvionati”, senza averne adeguatamente analizzato
le cause alla scala opportuna e, soprattutto, non prevedendo alcuna alternativa di intervento
all’asportazione del materiale litoide e legnoso e anzi, ponendo in gran parte l’attenzione di tale
operazione agli aspetti economici di “valorizzazione” che deriverebbe dalla sua estrazione e
monetizzazione.
Eppure, nella stessa relazione, viene evidenziato come a causa delle opere idrauliche presenti in
alveo, esisterebbero tratti artificialmente “sovralluvionati” alternati ad altri in evidente erosione e
come i primi appaiano attualmente isolati e spesso non risultino in grado di garantire le naturali
dinamiche dei materiali (ciottoli, ghiaia, sabbia) anche in relazione all’alimentazione della fascia
litoranea.
Alla luce di tali considerazioni, sarebbe lecito aspettarsi un intervento normativo che si preoccupi di
avviare un’approfondita fase di indagini al fine di definire opportune misure gestionali per
“riequilibrare” le condizioni degli alvei precedentemente descritte. Tra queste, ci si aspetterebbe ad
esempio la messa a punto di operazioni che prevedano la mobilitazione dei sedimenti dai presunti
tratti “sovralluvionati” a favore dei tratti in evidente erosione nella logica di fornire un importante
apporto alle naturali dinamiche di trasporto solido, fondamentali per il corretto funzionamento degli
ecosistemi fluviali e costieri.
In modo del tutto scriteriato, nel momento cruciale di messa a punto di possibili soluzioni, la
relazione alla PdL e definisce come utile una limitata “perdita” di risorse naturali (sabbia e
ghiaia) che, in assenza di interventi sarebbero comunque “immobilizzate” all’interno del sistema
fluviale e non raggiungerebbero la loro destinazione finale (ripascimento naturale del litorale).
La strategia immagina che la compensazione a queste perdite potrebbe essere rappresentata dal
parziale sostegno finanziario per la realizzazione dei lavori necessari. E che tale sostegno è
rappresentato dalla valorizzazione di parte del materiale asportato dalle imprese appaltatrici dei
lavori, a parziale scomputo. Non viene neanche preso in considerazione il rischio che gli interventi
svolti a scomputo del valore del materiale asportato, possano essere effettuati solo laddove vi siano
condizioni economicamente vantaggiose; in altre parole, nessun privato interviene se c’è solo
qualche metro cubo da asportare o se c’è da rimuovere ramaglia senza valore nel letto del fiume. Si
apre quindi alla possibilità che gli interventi vengano o sovrastimati, con evidenti danni
all’ambiente, o non vengano proprio realizzati dove magari ci sono reali condizioni di rischio.
Per i motivi sopra descritti, si ritiene che il PdL, nella sua formulazione attuale si basi su
presupposti concettualmente sbagliati ed eluda i principi fondamentali ormai recepiti dai riferimenti
normativi e pianificatori in materia.
Chiediamo pertanto alla Regione di fermarsi e di rivisitare la proposta di legge sulla gestione dei
corsi d’acqua perché c’è il rischio concreto che l’attuazione della norma che si intende approvare
peggiori ulteriormente la loro condizione morfologica, aggravandone i fenomeni erosivi, senza
ottenere alcun reale beneficio per il governo del territorio e, anzi, compromettendo in modo
significativo il raggiungimento del buono stato ecologico dei corsi d’acqua richiesto dalla Direttiva
Quadro Acque (2000/60/CE) che in Abruzzo non va, già oggi, oltre una desolante percentuale del
30% di tutti i corpi idrici regionali monitorati (dati monitoraggio ARTA 2019).

Le Associazioni
CIRF (Centro Italiano per la Riqualificazione Fluviale)
WWF Abruzzo
Legambiente Abruzzo
SHI (Societas Herpetologica Italica) sez. Abruzzo e Molise
Pronatura Abruzzo