CIVITELLA DEL TRONTO – Mostra personale di Maurizia Nardella, in arte Mishan, in esposizione presso la sala di San Giacomo della Fortezza di Civitella del Tronto. Per 15 giorni, fino al 2 giugno i quadri saranno esposti in quello che è ritenuto essere, a giusta ragione, il sito culturale ed architettonico più visitato d’Abruzzo. Lo farà grazie al noto critico d’arte Massimo Pasqualone che ha curato la 7^ edizione della manifestazione denominata ‘La fortezza dell’arte’ e che ha voluto fortemente, grazie al contributo del noto artista Elio Lucente, la presenza dell’artista emergente di Molina Aterno e con sangue sanseverese.

Tra i lavori in esposizione l’opera ‘Il velo’ descritta dall’artista: “Cos’è che ci separa dall’essere davvero noi stessi, se non un velo, fatto di paure e limiti che ci imponiamo quotidianamente? Eppure se continuiamo a lasciarlo lì, a nascondere la nostra vera essenza, la sua leggerezza non farà altro che essere sostituita, giorno dopo giorno, da pesantezza, come quella dell’acrilico che aderisce con forza sulla tela e diventa parte di essa, non più separabile”. ‘Il velo’ è il quarto della serie ‘ConTatto’, che comprende anche ‘Connessione’. “Qualcuno noterà una leggera somiglianza tra questo dipinto e un altro che ho deciso di chiamare ‘Risveglio’ – spiega ancora Mishan -. In effetti ho scelto di realizzare una serie di dipinti che ho deciso di chiamare come dicevo ‘ConTatto’. Il tutto è basato sull’idea di qualcosa che emerge dal profondo, tentando di toccare la realtà esterna, e di noi che entriamo in contatto con questa realtà aldilà della tela. In tutta la mia vita poche volte ho realizzato mani, ma adesso sono le protagoniste, il mezzo attraverso cui questo contatto avviene”. In esposizione anche ‘La figlia segreta’, diverso dai precedenti per il tratto più concreto, duro e diretto.

“Di solito non scrivo niente riguardo ai miei dipinti, semplicemente perché penso che le parole pongano dei limiti, mentre l’arte deve abbatterli – dichiara la giovane artista –. Ma se dovessi proprio dare all’arte una definizione, probabilmente la paragonerei ad una lingua, perché come le lingue servono a dare un suono a dei concetti astratti per comunicare, anche l’arte dà una forma a ciò che una forma non ha. E l’artista non è altro che un mediatore, qualcuno che questa lingua senza suoni la conosce, la comprende e la trasforma in qualcosa di cui anche gli altri possono fare esperienza. Come ho più volte detto ai miei mentori Pasqualone e Lucente, dipingere è come avere uno specchio di fronte a sé, quindi questo potrebbe benissimo essere un autoritratto. Un autoritratto che, però, non vuole riprodurre il mio aspetto, ciò che tutti possono vedere, ma qualcosa di più profondo, appartenente ad un mondo invisibile e silenzioso, che cerca di entrare in contatto con questo mondo superficiale, fisico, che, molto spesso, non ha la pazienza di fermarsi un secondo ad ascoltare ciò che vuole comunicare. Questa volta mi sono fermata e l’ho ascoltato. Con i miei dipinti vorrei quindi abbattere questa barriera e mostrare qualcosa che non può essere mostrato, perché una forma non ce l’ha”.

Quanto al nome Mishan, scelto dopo aver adottato Tory Sashan, Victory art, Mauriz, l’artista afferma: “I nomi servono a definirci, in qualche modo, ad inserirci in un posto specifico, per questo ne ho cambiati tanti, nell’arte, nel corso degli anni, cercando di rimanere in movimento, senza fermarmi. Ma questo credo che sarà quello definitivo, perché penso di essere, con questo dipinto, arrivata dove dovevo arrivare”.