Ieri è morto Ezio Bosso; aveva solo 48 anni ed era nel cuore di tutti gli italiani. Straordinario pianista e direttore d’orchestra, la sua malattia neurodegenerativa gli aveva attirato i pregiudizi del suo mondo artistico impedendogli di emergere come veramente meritava. È stata la sua presenza al festival di Sanremo del 2016 che gli ha permesso di farsi conoscere al grande pubblico. Di questo dobbiamo ringraziare tutti Carlo Conti e la sua passione per la musica, che non si ferma a quella pop ma si allarga, con felice intuito, anche a quella classica.
Confesso che prima di quella data, era il 10 febbraio mi pare, ignoravo l’esistenza di un personaggio come Ezio Bosso, così come la ignoravano la maggior parte degli italiani; di più la mia ignoranza sovrastava quella di molti altri perché le mie conoscenze in fatto di musica sono veramente scarse, arrivano appena al solfeggio elementare, alla simpatia per poche canzonette di musica leggera, a qualche sonata classica resa famosa da qualche film d’autore. Quando c’erano i film d’autore e potevi godere del suono surround nella sale cinematografiche; che non è lo stesso surround che ascolti dentro casa, non illudiamoci. Ricordo, quando iniziò a suonare al piano, che qualche cosa di strano stava aleggiando al di là del monitor del mio televisore, non solo una musica stupenda, che colpiva piacevolmente l’udito, ma un senso di stupore a guardare un volto sofferente e felice al tempo stesso, sovrastato da un ciuffo di capelli messi là come uno stendardo di libertà. Ricordo le sue parole, dopo il primo pezzo, che parlavano d’amore, ma che scesero dal palco sulla gente come sferzate di dolore.
Ricordo l’orchestra che accompagnava il piano di Ezio Bosso, ricordo l’artista e la sua grinta felice, la forza che donava alla vita. Ero commosso. Ma non ero ancora al limite. Quest’ultimo è arrivato quando ho visto una violinista dell’orchestra che ha smesso di suonare, si è fermata con l’archetto in mano a fissare commossa, le lacrime agli occhi, quel ragazzo morente ancora pieno di vita.
di Pasquale Felix