E’ Natale voglio sciare. E’ Natale voglio mangiare. E’ Natale voglio comprare. E’ Natale voglia giocare. E’ Natale voglio viaggiare, voglio andare. Gesù Bambino, nato povero e fragile in mezzo a noi, per darci speranza, a quanto pare farebbe bene a starsene nella grotta. Regali, cene, centro commerciale . Ma questo è il vero Natale ? Se togliamo Gesù, che cosa rimane del Natale? Una festa vuota. Gesù è il vero Natale! San Paolo, nella lettera ai Tessalonicesi che viene letta nella liturgia natalizia, scrive: “Siate sempre lieti” . Vale a dire rimanere sempre nella gioia, anche quando le cose non vanno secondo i nostri desideri. Ma c’è quella gioia profonda ? Un equivoco è sempre più dilagante. Il cenone. I regali. L’enorme macchina di festeggiamenti con cui abbiamo arricchito, infarcito l’evento che fonda la ragione di tutto. Una nascita. In un luogo povero, fatto di stenti e difficoltà. Una nascita che cambia l’uomo e il mondo, il tempo. In questo senso, le privazioni con cui dovremo fare i conti possono essere viste come una spoliazione dell’inutile, di quell’opulenza che mette al centro di tutto tradizioni altre rispetto all’unica che conti veramente. Il dono da fare a tutti i costi, il cibo sino allo sfinimento, spesso il totale distacco, dichiarato, dal motivo stesso della festa. Un interesse al mercato del Natale che non corrisponde minimamente a un amore reale e profondo per la nascita di Cristo. La storia dell’uomo si ripete per inerzia. Abbiamo santificato il mercato e profanato il tempio. Ma l’opportunità è davanti ai nostri occhi e sarebbe un peccato non provare a coglierla.
Cos’è lo spirito natalizio? Per rispondere sembrerebbe necessario fare una corsa a ostacoli, scavalcando una serie di impedimenti, primo fra tutti il frenetico consumismo. L’interrogativo, però, rimane. È, al contrario, proprio un racconto, un racconto storico, ad aprirci le porte sul significato reale dello “spirito natalizio”. Un racconto semplice e preciso. Dice così: “In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Questo primo censimento fu fatto quando era governatore della Siria Quirinio. Andavano tutti a farsi registrare, ciascuno nella sua città. Anche Giuseppe, che era della casa e della famiglia di Davide, dalla città di Nazaret e dalla Galilea salì in Giudea alla città di Davide, chiamata Betlemme, per farsi registrare insieme con Maria sua sposa, che era incinta. Ora, mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo»”(Lc 2,1-7).
Si tratta di un racconto storico semplice, con un riferimento preciso al cammino realizzato dal popolo di Israele. Quando Dio ha scelto il suo popolo e ha cominciato a camminare con lui, gli ha fatto una promessa; non gli ha regalato illusioni bensì ha seminato nel suo cuore la speranza; la speranza in Lui, il Dio che si mantiene fedele poiché non può contraddire sé stesso. Ha donato, dunque, loro la speranza che non delude. In base al racconto riportato prima, noi cristiani sosteniamo che quella speranza si è realizzata. Si realizza e ci proietta verso il futuro. Così si manifesta lo “spirito natalizio”: promessa che genera speranza, si compie in Gesù. Il testo citato continua narrando la scena dei pastori, l’apparizione degli angeli e il cantico che è un messaggio rivolto a ciascuno «Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà». La speranza realizzata non ci spinge solo verso il futuro, ma “deborda” nel presente stesso e si manifesta nel desiderio di pace e fraternità che, per diventare realtà, deve radicarsi in ogni cuore. Ogni volta che leggo quel racconto e contemplo la scena addentrandomi in questo spirito di speranza e di pace penso a tutti gli uomini e le donne, credenti o non credenti, che affrontano il sentiero della vita, camminando e cercando, a volte con speranza, altre senza, e mi viene il desiderio di avvicinarmi, di augurare a tutti loro pace, molta pace e di riceverne; pace di fratelli, poiché tutti lo siamo, pace che costruisce. Augurare e ricevere quella pace che renda finalmente possibile, in mezzo a tanta notte e nebbia, il riconoscerci e rincontrarci come fratelli. Tanti auguri di buon Natale a tutti.