La mamma di Fabio Di Giuseppe, morto pochi giorni fa a soli 25 anni all’ospedale Mazzini di Teramo, vuole andare a fondo della vicenda. Ricoverato il sette febbraio scorso per uno stato febbrile, al figlio sono subentrate subito delle complicazioni che hanno comportato la fine della giovane esistenza. Lei non si rassegna perché solo poche ore prima lo aveva visto in salute e scherzare sulla sua tanto amata Inter. “I medici dicono che è deceduto per un batterio – non si dà pace la mamma Annarita di Paolantonio, da Villa Rasicci di Bellante – ma non credo a questa versione, qualcosa è andato storto”. Un ragazzo che bene o male è stato sempre in salute, “un ragazzo intelligente e con molti amici”. Ora si vorrà fare chiarezza perseguendo l’azione legale. Di Paolantonio ripercorre quell’infausta giornata: “Non aveva tanta febbre nei giorni precedenti e Fabio è andato in giro, ci sono testimoni che l’hanno visto un po’ qua un po’ là”. Quella mattina però il ragazzo serbava un respiro affannoso e le labbra presentavano calli di febbre “e da domenica non stava mangiando più”. Visti questi sintomi subito i familiari avvertono il 118 che arriva a casa in una ventina di minuti: lo trasferiscono all’ospedale Mazzini di Teramo e viene collocato momentaneamente lungo il corridoio del pronto soccorso “e dopo circa 45 minuti, con un codice verde già assegnato, viene fatto osservare dai medici”. Lì vengono effettuati i primi esami, tra cui un elettrocardiogramma e un’analisi della glicemia i cui parametri risultano molto alti: “Era a 625, cosicché passa a codice rosso”. Frattanto la mamma viene invitata a restare fuori dalla stanza del pronto soccorso. Alcuni medici le fanno sapere che il polmone del ragazzo “è compromesso ma lui è giovane, ha solo 25 anni, e guarirà, non è in pericolo di vita” è la prima sentenza dei sanitari. Fabio viene così trasferito al quinto piano, nel reparto di medicina uomini: qui riferiranno alla mamma che: “Vedrà signora con gli antibiotici migliorerà”. Lei pare rinfrancarsi anche perché ha visto suo figlio, quand’era ancora al pronto soccorso, sollevare la mano e salutarla, e scherzare sulla sua amata Inter. “Si vedeva che stava meglio” racconta. Quando invece verso le tre del pomeriggio lo portano in rianimazione, Annarita si allarma, non avendo notizie suona al citofono: “Mi rispondono che sarebbe passato del tempo”. Sapendo che poi sarebbe tornato di nuovo al quinto piano, la madre si prende una pausa e torna a Bellante per sbrigare alcune pratiche. “Alle 16,55 mi chiamano e mi dicono che Fabio sta male, mi consigliano pure di andare piano con l’auto lungo la strada”. Quando arriva di nuovo in ospedale trova suo figlio morto. “Cosa hanno combinato loro, questo non lo so” sono le sue parole a bocce ferme a più di una settimana dall’evento. “Hanno detto che il tutto sia dipeso da un batterio” ma la smorfia perplessa che gli attraversa il volto dimostra il contrario. “Non credo a questa versione” ripete più volte. Ora da madre disperata si rivolgerà ad un avvocato per avere giustizia: “Voglio andare fino in fondo” rimarca. Fabio è morto per collasso cardiologico, il cuore si sarebbe fermato poi ravviato, fino alla definitiva morte.
Pochi mesi fa la Asl di Teramo aveva varato un piano contro le infezioni ospedaliere, adottando la procedura “Segnalazione/gestione di infezione/colonizzazione da Alert organism”. Capita che nelle strutture sanitarie si corre il rischio di essere ricoverati per una patologia ed uscire “peggiorato” per via delle gravi infezioni contratte nelle corsie o nelle sale operatorie. L’ultimo caso fu di un Teramano di 83 anni, ricoverato al Mazzini per un intervento ad una protesi al ginocchio, uscito cadavere per via di alcuni batteri che l’hanno sfinito.
Ogni anno in Italia le infezioni ospedaliere causano la morte di 4.500-7.000 persone, dunque più letali degli incidenti stradali che in genere provocato il decesso di 3.500 persone. Secondo la ricerca “Burden economico delle infezioni ospedaliere in Italia “ogni anno circa il 5-8% dei pazienti ricoverati in Italia contrae un’infezione ospedaliera”. La maggior parte viene colpita da infezioni urinarie, da infezioni da ferita chirurgica, da polmoniti e da sepsi.
Maurizio Di Biagio