Ha speso gran parte della sua vita per dare voce agli ultimi. Lui, nato ricco, si era spogliato di tutto per aiutare poveri, ex tossici, prostitute, clochard, migranti, ex detenuti emarginati di Palermo e siciliani, ridando loro dignità e speranza. Biagio Conte fisico minuto, occhi azzurri magnetici proveniva da una ricca famiglia di costruttori. Studi in un collegio Svizzero. Innamorato di San Francesco d’Assisi, si è fatto povero e per i poveri, ribaltando la logica del mondo . E’ stato un uomo che ha affermato con amore la legalità dei diritti, oltre la legalità del diritto. Un simbolo splendente di umanità, del cambiamento possibile di Palermo. Biagio Conte è entrato nell’eternità della vita continuando a rendere eterno l’amore per Palermo e per gli ultimi. Voleva andare in Africa oppure in India. Invece è rimasto fino all’ultimo giorno della sua vita fra i poveri di Palermo. La città che aveva deciso di abbandonare il 5 maggio del 1990, a ventisei anni, sparendo nel nulla.  Il santo laico della città ha lasciato sotto il letto i suoi sandali sporchi di terra e polvere con cui ha seminato speranza per trentatré anni. L’addio alla famiglia e la scelta francescana, gli eremitaggi, gli scioperi della fame, le proteste contro le istituzioni sorde alla voce dei poveri. E lo straordinario impegno della Missione Speranza e Carità, con le sue 10 sedi in Sicilia   con cui aveva assistito migliaia di persone che avevano smarrito la strada, clochard, anziani soli.

Biagio Conte ha chiuso gli occhi in pace, accompagnato dalle preghiere nella Missione ‘Speranza e carità, a Palermo, cullato da tutto l’amore che ha seminato, in favore degli ultimi, nella sua vita terrena, che adesso ritorna in forma di benedizione.
Il missionario laico che lottava da tempo contro una gravissima forma di tumore si è spento, a cinquantanove anni, nella stanza-infermeria della Cittadella del povero e della speranza in via Decollati, una delle zone più difficili della città. Con lui c’erano i compagni di viaggio più fedeli e quelli che lui chiamava ‘i miei fratelli ultimi’, di cui scelse di occuparsi, dismettendo i panni del rampollo di una famiglia benestante e decidendo di sposarne la causa, condividendo ogni loro affanno. Don Pino Vitrano, il sacerdote che l’ha sempre accompagnato, celebrando una Messa che ha visto la presenza dello stesso Fratel Biagio, nonostante la gravità delle sue condizioni di salute, qualche giorno fa, ricordava: «Dopo il primo pellegrinaggio ad Assisi, sulle orme di San Francesco, si dedicò ai poveri di Palermo. Una sera passò dalla stazione, vide persone che dormivano all’addiaccio. Tornò a casa, prese un thermos, un Vangelo, un sacco a pelo e li raggiunse. Ai suoi genitori disse semplicemente: “Ora so quello che il Signore vuole da me”. Poi fondò la Missione di via Archirafi. Fu il primo passo di una esistenza spesa per il prossimo, erano gli anni Novanta. Dopo sarebbero arrivate la Missione femminile e la Cittadella di via Decollati che possono accogliere, con via Archirafi, circa mille persone, sottratte al bisogno e alla strada. “Ogni comunità – si legge sulla pagina Facebook – è dotata di una cucina e di una mensa dove vengono distribuiti tre pasti al giorno (complessivamente circa 2.400 pasti al giorno); è inoltre garantita un’assistenza medica e farmaceutica per tutti i fratelli accolti e dei servizi docce e vestiario”.

Biagio Conte ha dedicato tutto se stesso al suo progetto di solidarietà senza compromessi. Non ha mai risparmiato il suo fisico, con proteste estreme e digiuni, per pungolare l’indifferenza di troppi davanti alla povertà. Nell’agosto del 2021 aveva lanciato un messaggio durissimo e limpido: «Siamo diventati responsabili e fautori nel produrre nuove povertà, nuove emarginazioni, disagi mentali, depressioni, suicidi e nuovi senza tetto e profughi lasciati alla deriva. È chiaro che chi parla con questi toni non sempre è gradito, per questo toglierò il disturbo, cercando di non essere più assillante e invadente, come pensa una parte di questa malata società; ma un giorno la verità verrà a galla. E così ho sentito di ritirarmi in montagna e nel silenzio (dal giorno 9 luglio, sono ad oggi 40 giorni), finendo e portando a termine gli ultimi giorni che il buon Dio mi ha concesso in questa travagliata vita terrena». Dopo, era rimasto nella sua trincea del bene, con i pellegrinaggi, i viaggi sterminati a piedi, il cammino con la croce, per essere, insieme, un segno di contraddizione e di speranza. La scomparsa di Biagio Conte lascia un vuoto incolmabile a Palermo — ha commentato il primo cittadino — e anche nelle ultime ore più drammatiche tutta la città si è stretta attorno a fratel Biagio, a testimonianza del valore dell’eredità umana che oggi ci lascia e che non dobbiamo disperdere. Resterà per me indimenticabile l’ultimo incontro di pochi giorni fa con Biagio Conte, durante il quale mi ha raccomandato di non dimenticare mai i poveri». Di fatto, un’eredità lasciata alla città. «È con questo spirito che l’amministrazione e la nostra comunità devono a stare vicini alla Missione speranza e carità — ha concluso il primo cittadino — che continuerà a essere un punto di riferimento per Palermo anche se da oggi dovrà fare a meno del suo fondatore, della sua guida che resterà comunque fonte di ispirazione per tutti noi».