TERAMO – Il Progetto “Teramo a tavola, una cucina italiana” è nato dall’impegno dell’Associazione Italia Nostra, curato da Massimo Montanari e da Fernando Filipponi con saggi di Enrico Dainese, Luciana D’Annunzio, Carla Di Mattia, Maria Angela Perito e Marta Severo, fa parte di un progetto pluriennale finalizzato al Rilancio e alla Valorizzazione del Patrimonio culturale del territorio. Intende ricostruire, partendo dal cibo, il rapporto d’identità culturale della città, nonché portare la propria cultura gastronomica, ancora totalmente locale, sul palcoscenico nazionale.

Il progetto prevede un’indagine sistematica e di inventariazione avviata nel 2023, tramite una speciale Piattaforma Partecipativa, che coinvolge una larga ed eterogenea quantità di pubblico, nonché appassionati, studiosi ed operatori del settore. Il materiale raccolto nella segreteria organizzativa curata da Tonia Ruggieri insieme alle ricerche storico-archivistiche, è stato musealizzato e sintetizzato in una speciale Mostra multidisciplinare, che è stata inaugurata il 24 giugno 2024 all’Archivio di Stato. Il risultato di questo lavoro sarà riportato in un Catalogo che sarà la prima pubblicazione a carattere scientifico sulla gastronomia teramana, proiettando l’Evento in ambito nazionale: “Noi non ci invitiamo l’un l’altro per mangiare e bere semplicemente, ma per mangiare e bere insieme” Questa frase di Plutarco (441 secolo d.C.) riassume il senso che gli uomini hanno sempre dato alla tavola. Un luogo non solo per nutrirsi ma per esprimere l’appartenenza ad una comunità (il Catalogo sarà pubblicato dalla Editrice Allemandi).

Antonio Paolini (nella foto di copertina) è una delle firme più autorevoli del giornalismo enogastronomico in Italia. E’ lui a parlarci in appresso della manifestazione “Teramo a tavola, una cucina italiana“, un mix di qualità tra conferenze, seminari, presentazione di libri, degustazioni, atelier sensoriali e concorsi di cucina.

La cena del 12 settembre scorso, alla quale si riferisce il servizio fotografico allegato, è figlia di quella mostra e della valorizzazione della cultura materiale teramana; in questo caso il saper fare legato al cibo, che è un saper fare di alto valore sociale, perché riguarda la capacità di fare comunità… stare insieme, mangiare insieme.

E’ un modo speciale di stare insieme, è un modo speciale per deporre le armi e per risolvere i conflitti che, in altri modi, sarebbe stato difficile risolvere, per prendere decisioni, per riflettere… paradossalmente. Mangiare insieme nell’antichità era il convivio, un luogo dove si faceva pensiero, si faceva filosofia e letteratura. Insieme al convivio c’era , ancora più importante, il simposio che significava bere insieme. Giovedì presso il Des Artistes si è tenuta una cena con premiazioni dei vincitori del Gran Galà, nel quinto appuntamento del ricco calendario di eventi.

L’idea è quella di proseguire su questa scia e fare un simposio alla teramana “SinTEsio”, ovvero fare una cosa a Teramo e fare anche sintesi tra i desideri della popolazione e le possibilità di raccoglierli. Presentare idee, progetti richieste agli amministratori seduti al tavolo, un modo per incontrare il destino della città, della provincia e della Regione… i nostri destini in buona sostanza e quelli dei nostri figli. Non dietro l’angolo o in colloqui privati, ma un parlare insieme davanti a tutti e a tavola. La serata di giovedì e il lavoro fatto dalla giuria dimostrano che la tradizione esiste solo a posteriori, viene decisa dai posteri non esiste mentre si fa.

Sempre del catalogo: “È certo antichissima la pratica di cuocere il maialino intero, ma Campli la festa della porchetta si celebra solo dal 1964“, – dichiara Antonio Paolini. É un caso esemplare di “invenzione della tradizione” nel senso latino della parola che è duplice: invenire sta per “scoprire” “trovare” cose o persone (o, in questo caso abitudini) che si erano perdute, o sottratte alla vista; ma è anche un “creare”, un “ideare” qualcosa di nuovo. La novità sta nella festa, che si decide di dedicare a un piatto che esiste da tempo, ma solo di recente si è valorizzato come simbolo dell’identità locale. Mentre si fa è invece una idea, una innovazione, una variazione, un modo, una intuizione, un pensiero come tutte le ricette.

Quello che abbiamo fatto giovedì scorso a Teramo è sondare come si sta muovendo la tipicità che è agganciata alla cultura materiale di cui si parlava e celebrata nella mostra prorogata fino al 20 settembre 2024 all’Archivio di Stato di Teramo, sia tra i professionisti teramani che hanno partecipato con i loro piatti alla cena e alla giuria, sia dietro le porte delle case dove si cucina e si continuano ad eseguire ed innovare e trasformare secondo quello che c’è in frigorifero, a seconda della fantasia della cuoca o del cuoco o a seconda delle idee e delle intuizioni che possono venire anche ad un dilettante come ha dimostrato il magnifico timballo presentato dalla vincitrice del concorso, che ha retto perfettamente il confronto con i piatti dei professionisti“, conclude Paolini.

La grande cucina teramana continua a muoversi, non è ferma. Non è immobile, si adegua ai tempi ed é perfettamente contemporanea.

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