TERAMO – “Sia nello schieramento di centrosinistra sia nello schieramento di centrodestra, nessuna donna è stata eletta nel nuovo Consiglio Provinciale di Teramo. La rappresentanza politica di genere non può essere identificata, confusa e sostenuta con il discorso aritmetico delle percentuali. Nonostante le battaglie per la parità, le azioni positive e le norme antidiscriminatorie, l’esclusione delle donne dalle istituzioni resta l’irrisolto e grave problema della nostra democrazia”. Sulla questione, che sta facendo dibattere dallo scorso 18 dicembre 2021, quando il rinnovo del consesso provinciale ha visto la totale esclusione delle donne, interviene il Centro di cultura delle donne ‘Hannah Arendt’ che, con un documento, “sollecita l’apertura al dialogo con le anime progressiste del territorio esponendo il proprio punto di vista”. Riportiamo la nota di sintesi del documento che prende spunto, da quanto riportato dalla stampa locale, dalla protesta sottoscritta da un centinaio di cittadini e cittadine contro questo “schiaffo alla democrazia”.
– La richiesta di democrazia paritaria, che si ripropone ogni volta che si avvicinano elezioni di un qualche tipo, anima le “doléances” del documento stesso, del quale non condividiamo il distinguo tra donne “disattente” e donne “brave”, perché la disuguaglianza di genere riguarda tutti, e le donne, in primis, dovrebbero interrogarsi e riflettere sull’ambigua complicità femminile con il potere patriarcale. Essa riguarda ogni ambito della vita delle persone: lavoro, salute, istruzione, economia, politica e in ambito domestico emerge con la drammatica millenaria violenza maschile sulle donne.
Il movimento femminista degli anni Settanta ha messo in evidenza quanto sia importante comprendere il patriarcato come sistema di dominio, capire come si è istituzionalizzato e in che modo lo si perpetua e mantiene, poiché esso, attraverso la gerarchia dei ruoli di genere, come scrive Lea Melandri: ”ha escluso le donne dalla polis, considerate per “natura” inadatte a rivestire responsabilità intellettuali e morali proprie soltanto di chi è persona, individuo”, ossia l’uomo. Tuttavia, “anche il maschile si mostra essere un genere costruito socialmente”, ci ricorda Stefano Ciccone. Anche per questo il superamento della disuguaglianza di genere riguarda tutti: le donne e gli uomini. E non s’improvvisa: richiede impegno, coerenza, scelte, azione e confronto continuo. E su questo invitiamo a riflettere le donne e gli uomini dei partiti progressisti, delle associazioni e delle organizzazioni sindacali del nostro territorio.
Sicuramente è di fondamentale importanza e simbolicamente significativo che anche nelle istituzioni venga rappresentato il paese reale fatto di donne e uomini. Ma c’è anche la questione della rappresentanza politica di genere che non può essere identificata, confusa e sostenuta con il discorso aritmetico delle percentuali, sul quale è incentrato lo stesso documento di protesta delle cittadine e dei cittadini, riducendo il problema della rappresentanza femminile alla mera appartenenza ad un sesso biologico. Il documento conclude con un appello: “…chiediamo alla politica teramana e ai consiglieri di maggioranza e minoranza (…) un gesto, quello delle dimissioni, che consentirebbe l’elezione di almeno una donna al consiglio provinciale”. Una donna qualunque? Indistintamente, una donna di destra o di sinistra che sedesse nel consiglio provinciale risolverebbe il problema della rappresentanza di genere?
Non sposiamo l’emancipazione individualistica e le politiche delle donne di destra e dei loro partiti che, anche in Abruzzo e a Teramo, come in Piemonte, Umbria, Marche, con i loro appelli per la famiglia “naturale”, attaccano continuamente le unioni civili e le famiglie delle soggettività LGBT+, i diritti delle donne e il loro diritto fondamentale all’autodeterminazione e alla libera scelta di maternità. Ne è esempio l’ultimo subdolo tentativo della destra che siede in Regione con il suo disegno di legge sulla “sepoltura dei bambini mai nati” di età gestazionale inferiore alle ventotto settimane, a prescindere dal consenso della donna. E, per quanto riguarda le donne di sinistra, vogliamo essere rappresentate da donne aperte ad un dialogo consapevole e coerente sulle politiche di genere. Se manca la consapevolezza che le “discriminazioni”, gli innumerevoli “svantaggi” femminili nella vita pubblica dipendono dai ruoli di genere e dalla divisione sessuale del lavoro, ancora considerati “naturali”, le donne, come gli uomini, continueranno meccanicamente a perpetuare il sessismo in tutti i luoghi dove svolgono ruoli, esprimono competenze, esercitano poteri -.