Quando ero chierichetto nella parrocchia del cuore immacolato di Maria, con Don Giovanni Iobbi, severissimo, la quaresima era un incubo. Cominciavamo a tremare prima di carnevale. Le bacchettate si sprecavano. E, ogni sera, a mò di Tomas de Torquemada con il dito ammonitore puntato su di noi, minaccioso ci gridava: “Senza quaresima non c’è la Pasqua”.  Omammamia, manco se glielo avesse ordinato qualcuno a ‘sto Gesù Cristo di andare a farsi crocifiggere. Così, ora, mi è automatico  pensare che, dopo il mercoledì delle Ceneri, inizia la Quaresima.

Ma che vorrà mai dire questa parola, sconosciuta ai più, totalmente sconosciuta ai giovani. Quaresima è una parola che da troppo tempo  la Chiesa usa a bassa voce. Quasi si vergognasse. Sul sito della nostra diocesi si parla dei Templari Federiciani (esistono, è vero). Si parla dei convegni psicologici e di convegni  di tutti i tipi.   Ma non di quaresima.  Un cenno, un invito, solo uno spunto. Forse perchè l’invito alla conversione a Dio non si incrocia più sul nostro cammino cristiano. Penitenza, preghiera, carità sono parole forti, che fanno paura, qualcuno dovesse pensare che Cristo è veramente morto in Croce per la nostra salvezza. Basta leggere la letterina acqua di rose del  Vescovo di Teramo per capire che “i talenti” alcuni uomini di chiesa li hanno nascosti già da un po’. E non perché non hanno più la fede, non perchè non li abbiano. Ma – forse è peggio – perchè temono che la giusta severità del messaggio della croce possa allontanare i tiepidi. Ma non è così. La Croce non è solo un messaggio di salvezza.  La croce è il messaggio della Pasqua. Senza di essa non c’è liberazione dal peccato. Senza di essa non c’è la chiesa. La liberazione è  solo per chi –  pur tra mille peccati e tra mille contraddizioni – abbraccia la croce, non per chi parla e straparla dei talenti.  La Chiesa “bla bla bla” la chiesa  “peace & love”  invece oggi tende a non ricordare, anzi tende domenicalmente a scansare il ricordo dei quaranta giorni di digiuno vissuti dal Signore nel deserto prima di intraprendere la sua missione pubblica. La Chiesa tende a dimenticare che Gesù rinunciò alle tentazioni.  Si legge nel Vangelo di Matteo: “Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame”. E’ ovvio che chi cede alle tentazioni del potere, al narcisismo esasperato, alla gestione delle cose non può parlare di quaresima. Chi ama circondarsi di pecoroni in ginocchio, yes man senza dignità, non può parlare di quaresima.   

Invece San Francesco, come padre Pio,  José Escrivá de Balaguer come , Massimiliano Kolbe  e madre  Teresa di Calcutta erano avvezzi alle quaresime, a ritirarsi in luoghi appartati per vivere in preghiera.  Perchè la quaresima è il “tempo forte” che esprime il tempo dell’attesa , prepara alla Pasqua, culmine della vita di ogni cristiano. Come dice san Paolo, la Quaresima è “il momento favorevole” per compiere un cammino di vera conversione  verso il Triduo pasquale, momento saliente dell’esperienza della fede del popolo di Dio, memoria della passione, morte e risurrezione del Signore. La Quaresima, è un accompagnare Gesù che sale a Gerusalemme, luogo del compimento del suo mistero di passione e ricorda che la vita cristiana  è una “via” da percorrere, consistente non tanto in una legge da osservare, ma nella persona stessa di Cristo, da incontrare, da accogliere, da seguire.

La quaresima ci invita a verificare la nostra fedeltà a Cristo. Essere cristiani  caritatevoli, consapevoli e fedeli ci rende responsabili degli altri e questo concretamente si traduce nel farci carico della loro vita, nel sentirci custodi del loro bene, così come noi sperimentiamo che Dio Padre si prende cura di noi e ci ama sino a donarci il suo Figlio.
La Quaresima è itinerario verso la Pasqua, verso la luce della Risurrezione, e il cammino che ci conduce ad essa non è un viaggio in “solitario”, ma piuttosto un’ascesa in cordata, durante la quale non possiamo voltare la faccia dall’altra parte se qualcuno resta indietro o cade, perché è proprio il camminare insieme che realizza il senso profondo della promessa del Signore. Per questo  oggi, seconda domenica di quaresima, accogliamo con fede e con impegno l’appello di  Papa Francesco di fraternità verso il popolo ucraino. Sulla croce .