ROMA – All’indomani del tredicesimo anniversario del terremoto che colpì l’Abruzzo interno nel 2009, Osservatorio Abruzzo approfondisce le misure contenute nel piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) e dedicate alle aree colpite dai terremoti degli ultimi anni. A partire dall’analisi delle caratteristiche orografiche, demografiche e socio-economiche dei territori e delle comunità che le abitano. È quasi superfluo sottolineare, infatti, come i terremoti che si sono susseguiti in Abruzzo negli ultimi 13 anni abbiano profondamente lacerato le comunità locali, oltre ad aver causato centinaia di morti soprattutto in occasione delle scosse del 6 aprile 2009, del 24 agosto 2016 e del 18 gennaio 2017.
Il rischio sismico in Abruzzo – Oggi sono oltre 230mila gli abruzzesi che vivono in comuni classificati come zona sismica 1, quella in cui la probabilità che capiti un forte terremoto è considerata più elevata, circa il 18% dei residenti della regione. Una quota molto più alta rispetto alla media nazionale, che si attesta al 5% circa. La quota di residenti in zona 1 è preponderante nei comuni della provincia dell’Aquila. Oltre il 60% di chi vive nel territorio aquilano risiede in un comune classificato in zona 1. Seguono le province di Chieti (9%) e Pescara (7,4%) [mappa]. Tra le province abruzzesi, quella dell’Aquila è stata la più colpita dal terremoto del 6 aprile 2009, ma dal punto di vista dei danni materiali anche dallo sciame sismico che ha attraversato l’Appennino centrale tra l’estate del 2016 e l’inverno del 2017. Non è però l’unica provincia interessata dagli ultimi terremoti. Sono diverse e peculiari, infatti, le caratteristiche dei luoghi terremotati dopo il 2009. Si tratta di territori molto particolari, in gran parte ricadenti nelle aree interne e montane dell’Appennino centrale. Centinaia di paesi che già dai prima del lungo sciame sismico subivano un processo di spopolamento e che si trovano al confine tra quattro regioni, spesso distanti dai servizi e dalle infrastrutture principali.
Le caratteristiche dei territori colpiti – Il cratere seguito ai terremoti che tra 2016 e 2017 hanno colpito il centro Italia è stato definito con una serie di provvedimenti successivi. Questi hanno dato vita a un vecchio cratere, relativo al sisma del 24 agosto 2016 e un nuovo cratere, successivo al terremoto dell’ottobre dello stesso anno [mappa]. Sono 23 i comuni abruzzesi che ne fanno parte, il più popoloso dei quali è Teramo (oltre 50mila residenti, circa la metà degli abitanti del cratere). Teramo è anche la provincia con più comuni coinvolti (16), seguita dall’Aquila (6), mentre uno (Farindola) si trova in quella di Pescara. Ventitré comuni, per un totale di circa 100mila persone e di oltre 40mila famiglie, residenti in 356 località diverse. Poco più della metà delle famiglie del cratere (53% in base ai dati raccolti nel censimento 2011) prima del sisma viveva nella località che funge da centro principale del comune. Ad esempio, nel caso della città di Teramo, 15mila famiglie su 22mila (il 69%) abitavano nel “centro capoluogo” del comune, mentre circa duemila risiedevano nella frazione di San Nicolò a Tordino. Tutte le altre 32 località e frazioni cubavano meno di mille famiglie residenti. Nel secondo comune più popoloso del cratere, Montorio al Vomano, le località sono invece 22 [la tabella con tutte le località e frazioni coinvolte]. Ma cosa sappiamo sulle caratteristiche anche geografiche e strutturali dei comuni inseriti nel cratere? Primi rilevanti elementi sono la superficie territoriale coinvolta e la tipologia di copertura del suolo. Rispetto alle altre regioni le Marche furono di gran lunga la regione più coinvolta in quegli eventi sismici (la superficie dei comuni marchigiani con danni strutturali gravi è infatti pari a 3.978,3 kmq). L’Abruzzo la seconda (1.444,7 kmq), seguita da Umbria (1.408,4 kmq) e Lazio (1.154,3 kmq). Ogni 100 metri quadri di superficie dei comuni del cratere abruzzese, quasi 70 sono di territori boscati e di ambienti seminaturali, mentre circa 27 sono terreni agricoli. In Abruzzo il suolo artificiale è il 2,4% della superficie del cratere 2016-17, molto variabile tra i singoli comuni. Dall’8,3% di Teramo a meno dello 0,5% a Crognaleto e Rocca Santa Maria (entrambi nel teramano) [grafico]. La superficie antropizzata del cratere sismico abruzzese è quindi sensibilmente inferiore rispetto agli altri comuni italiani con danni strutturali gravi dopo il sisma del 2016-17 e anche rispetto alla media nazionale complessiva. Un altro dato significativo è quanta parte degli edifici presenti sul territorio colpito fossero residenziali prima del sisma, e quanti effettivamente abitati. Rispetto alla prima questione, sono (o erano) residenziali quasi 9 edifici su 10 presenti nel cratere sismico abruzzese istituito a seguito dei terremoti avvenuti tra 2016 e 2017. Una percentuale ampiamente variabile tra il 97,3% di Crognaleto, nel teramano, e il 58,8% di Pizzoli, in provincia dell’Aquila. [grafico]
Finanziamento e scadenze del Pnrr area sisma – I lunghi e complessi processi di ricostruzione dopo i terremoti del 2009 e del 2016-2017 hanno visto negli anni numerose disposizioni di leggi e di finanziamenti pubblici da parte dello stato e degli enti locali coinvolti che, di volta in volta, hanno individuato le priorità di intervento. Per quanto riguarda il sisma 2009, secondo il portale Open data ricostruzione dopo 13 anni sarebbe completato il 72% dei lavori nel comune dell’Aquila e negli altri 56 del cosiddetto “cratere sismico”. Al 5 aprile 2022, inoltre, erano 10,8 i miliardi di euro finanziati per la ricostruzione degli edifici. Per quanto riguarda le scosse susseguitesi sull’Appennino centrale tra il 2016 e il 2017, la governance è in capo a una struttura guidata dal “Commissario straordinario del Governo ai fini della ricostruzione nelle regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria” Giovanni Legnini, che dipende dalla presidenza del consiglio dei ministri. Ai territori colpiti sia nel 2009 che nel 2016-2017 viene dedicata una parte del fondo complementare del Pnrr, ossia risorse nazionali aggiuntive a quelle europee. Parliamo di complessivi 1,78 miliardi di euro.
La misura dedicata alle aree terremotate ha una struttura particolare. Si tratta infatti dell’unico caso tra gli investimenti di Pnrr e fondo complementare che prevede una suddivisione su 3 livelli. La “misura madre”, infatti, si articola in due sottomisure: “Città e paesi sicuri, sostenibili e connessi” (dal valore complessivo di 1,08 miliardi di euro) e “Rilancio economico e sociale” (700 milioni). Queste “sottomisure” si articolano ulteriormente in diverse voci. Leggendole, è evidente che gli interventi non siano finalizzati solo alla ricostruzione degli edifici danneggiati e alla mitigazione del rischio sismico, ma puntino piuttosto ad un generale rilancio socio-economico delle aree vessate [grafico]. Rispetto alle risorse europee proprie del Pnrr, quelle del fondo complementare, essendo di provenienza statale, non rientrano in una dinamica di verifiche stringenti e cadenzate come quelle che pongono in essere le autorità di Bruxelles. C’è insomma maggiore elasticità nell’erogazione dei fondi e nelle rendicontazioni. In base alle informazioni di cui disponiamo sono comunque 14 le scadenze complessive per le risorse del Pnrr dedicare alle aree del sisma, di cui 8 relative alla prima sub-misura (“Città e paesi sicuri, sostenibili e connessi”) e 6 alla seconda (“Rilancio economico e sociale”). Sono 5, invece, le scadenze da conseguire entro il 2022 [tabella delle scadenze].
Le risorse già “territorializzate” in Abruzzo – Una parte delle risorse del fondo complementare destinate alle aree terremotate è già stata assegnata. A oggi è possibile verificare la distribuzione territoriale delle risorse del fondo aree sisma per importi pari a circa 814 milioni di euro, il 45,7% del totale dei fondi stanziati (1,78 miliardi). Questa rappresenta a oggi la somma di cui è possibile analizzare la destinazione territoriale, ossia dove saranno impiegate le risorse e la competenza per la gestione delle stesse, che può essere deputata al commissario straordinario per le aree sisma 2016-2017, alla struttura di missione della presidenza del consiglio dei ministri per il sisma 2009, o congiuntamente a entrambi gli organi. A livello regionale il territorio riceverà la maggior quantità di fondi saranno le Marche, con circa 332 milioni di euro, seguita dall’Abruzzo (308) [grafico].
A livello provinciale, invece, L’Aquila rappresenta la provincia che riceverà la porzione più consistente di fondi. Da sola infatti attrae circa 241 milioni di euro. Seguono la provincia di Macerata (197 milioni circa) e Rieti (95).
Per quanto gli altri territori provinciali abruzzesi, a Teramo andranno 47,87 milioni, mentre a Pescara andranno 10,85 milioni. Nessun investimento per la provincia di Chieti.
È importante però sottolineare che alcune risorse sono distribuite in modo da interessare contemporaneamente più territori. Circa 577 milioni degli 814 già “territorializzati” (il 70,8%) sarà gestito direttamente dal commissario straordinario per il sisma 2016-2017. Diversi comuni riceveranno fondi singolarmente, ma ci sono 80 interventi che vedono come destinatari enti locali associati. A livello singolo, il comune che riceverà più fondi sarà L’Aquila con circa 111 milioni di euro. Al secondo posto troviamo invece il comune di Montereale (28,75 milioni) mentre al terzo Teramo (13,05) [la tabella con tutte le risorse già “territorializzate” per l’Abruzzo].