Sono passati 30 anni dalla strage di Capaci e via D’Amelio. Il tritolo e il sangue hanno lasciato un segno indelebile nella storia dello Stato italiano, nel cuore dei cittadini onesti e nella volontà di riscatto nei confronti della Mafia. Da quel giorno tutto è stato diverso. Il coraggio e il senso del dovere di quei servitori dello Stato hanno dato il via ad una scia di indignazione che non ha più trovato freni ed ha creato la consapevolezza della possibilità di combattere la mafia che, come Falcone diceva, “ è un fenomeno umano e come tale ha un principio, ha una sua evoluzione e avrà quindi anche una fine.” Oramai vive nel cuore di tanti l’ ‘istantanea di un Paese ferito, un cratere profondo 4 metri e largo 16, lungo l’autostrada che dall’aeroporto di Punta Raisi porta a Palermo, all’altezza dello svincolo per Capaci. E’ il 23 maggio del 1992, ed è in questo paesaggio trasfigurato, tra lamiere contorte e uliveti, a pochi passi dal mare, che vengono uccisi Giovanni Falcone e la moglie Francesca Morvillo insieme agli agenti Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco Di Cillo. In uno scenario simile il 19 luglio vengono dilaniati il giudice Paolo Borsellino con gli agenti Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina
MARTEDI 10 MAGGIO alle ore 10,30 il Premio Borsellino ed il Comune di Teramo ricorderanno queste giornate in un incontro con gli studenti nel quale interverranno Gianguido D’Alberto (Sindaco di Teramo); Mariapia Marinelli (dirigente divisione anticrimine della Questura di Teramo); David Mancini (Procuratore del Tribunale dei minori de L’Aquila) con le dirigenti scolastiche Manuela Divisi e Letizia Fatigati. I nostri giovani ignorano un pezzo di storia d’Italia intrisa da una lunga scia di sangue che ha attraversato oltre 40 anni della nostra storia. Più di 1000 magistrati, giornalisti, poliziotti, carabinieri, preti, e semplici cittadini morti per difendere il Paese. E’ un dovere ricordarli.