Non saranno mai calcolati abbastanza i costi sociali riconducibili al Covid-19.
Infatti, mentre lo sbilancio economico che va ad incidere sulla vita delle persone, delle imprese, del commercio, del comparto agricolo e dei servizi può essere individuato e totalizzato, la stessa cosa diventa assolutamente ardua per il settore sociale, per quello della istruzione e della formazione e gli altri ambiti che hanno caratteristiche difficili per essere rendicontate.
Vorrei cominciare dalla coinvolgente lettera che Laura Lupi, la infermiera in servizio nel reparto covid-19 dell’Ospedale di Teramo ha scritto, con la quale ha evidenziato il disagio emotivo che vive nell’espletare una funzione che aveva “sognato” diversa, fatta di supporto empatico a favore del degente, evidentemente così ben descrittiva della condizione esistenziale che in questo drammatico periodo, colpisce il personale sanitario nella sua interezza, da essere menzionata nella pagina ufficiale delle Nazioni Unite.
Ora, se questa annotazione speciale ci riempie di orgoglio in quanto concittadini di una ragazza di 24 anni che ha saputo distinguersi per aspetti tanto nobili, ci domandiamo nel contempo se potrà capitare, un giorno, che Laura veda soddisfatta la sua aspirazione ad essere una operatrice sanitaria capace di erogare una normale assistenza ad ogni degente.
Vorremmo sapere inoltre se, per lei, ci sarà un particolare “indennizzo” di cui godere e venire compensata dall’essersi sentita impotente al cospetto di un paziente del reparto covid-19 che è scoppiato a piangere per non aver potuto consolare la moglie che aveva perduto la madre proprio in quegli stessi giorni.
Vogliamo domandarci se è previsto un particolare risarcimento che compensi il distanziamento fisico ed emotivo che una ragazza ha dovuto sopportare, in quanto impossibilitata a frequentare i suoi familiari.
Vorremmo sapere se chi ha la gestione di questi servizi sanitari in cui Laura opera, si sia davvero immedesimato e comprendere cosa significhi percepire il senso di solitudine e la costrizione di dover indossare una sorta di scafandro con mascherina e visiera in plastica trasparente, restando così vestita per 10 ore senza poter né mangiare, né bere, né respirare una boccata d’aria fresca.
La situazione di Laura è emblematica ed evidentemente non circoscrivibile solo a lei: tanti sanitari, a prezzo della stessa vita (come sappiamo), hanno dovuto rinunciare a tutti i loro diritti fondamentali per andare incontro ad una emergenza, che richiede sacrifici non preventivabili.
Possiamo, ragionevolmente supporre, che questa richiesta perentoria di dover dare di più, in condizioni difficili da sopportare, possa poi essere riassorbita e, quando tutto sarà cessato, rimanere tale esperienza solo nella memoria, classificabile al livello di una parentesi critica, ma superabile?
Adesso un pensiero rivolto a chi da covid-19 è rimasto orfano, vedovo, senza la presenza di un figlio o di un nonno.
Possiamo davvero ritenere che il distacco dai propri congiunti scomparsi, senza che questa separazione fosse “normalizzata” da un accompagnamento che permettesse l’estremo saluto, possa essere un “vuoto” facilmente riassorbibile?
Se quel vuoto non sarà riempito da conforti, ascolti, empatie, immedesimazioni intraprese in modo specialistico e professionale, sarà immaginabile una ragionevole ripresa, tenuto conto che un rilevante numero di decessi è avvenuto proprio nei territori più operosi e intraprendenti d’Italia?
I costi sociali causati dal Coronavirus, se venissero calcolati, comporterebbero una situazione debitoria ancora più devastante della economia, con una differenza: che il commercio, le attività industriali ed artigiane, i servizi potranno anche essere reinventati e registrare un cambiamento che, in definitiva, finirebbe per rivelarsi essere una svolta.
Al contrario i disagi, i traumi, le angosce derivanti da uno scenario del tutto inconsueto sono mutilazioni emotive che non potranno venire cancellate e da questa drammatica esperienza potrà emergere una cosa che è ormai non più trascurabile: che le emozioni, gli stati d’animo, le consapevolezze sono temi che devono, di diritto, affiancare le materie tradizionali nella scuola che rinascerà dopo il covid-19.

di  Ernesto Albanello