Codice Rosa, cosa prevede il protocollo ospedaliero nei casi di violenza di genere? Il vicepresidente del Consiglio Regionale Blasioli scrive alle istituzioni regionali a seguito di un triste episodio occorso nei giorni scorsi
PESCARA – Alcuni giorni fa una giovane mamma è stata vittima di un triste episodio di violenza domestica. Il coniuge non è nuovo a simili condotte, minacciata di morte, dopo aver avvisato le forze dell’ordine, è stata trasportata all’ospedale di Pescara poiché versava in forte stato di shock. Nel 2016, con la legge regionale 23 giugno 2016, la Regione Abruzzo ha istituito il Codice Rosa, un percorso di primo soccorso finalizzato a tutelare la sensibilità di soggetti già provati, prevenire ulteriori danni psicologici e facilitare il ritorno a una vita normale. Come si evince dal testo della legge, il percorso è studiato non solo per chi subisce violenza sessuale o domestica, ma anche per «persone in situazione di debolezza e vulnerabilità che non mostrano segni di violenza espliciti». Eppure, una volta giunta al Pronto Soccorso, la signora in questione non è stata presa in carico col Codice Rosa, in quanto, come evidenziato dal personale, nel suo caso non era presente né violenza sessuale né fisica. Per questo motivo è rimasta parcheggiata in sala d’attesa fino al mattino successivo senza alcun supporto psicologico e soprattutto senza alcuna salvaguardia rispetto all’eventuale arrivo del marito. Alla luce dell’episodio, ho appena inviato una lettera al Presidente Marsilio, all’Assessore Verì, al Direttore del Dipartimento Sanità e ai Direttore generali delle Asl abruzzesi, al fine di avere ragguagli sui protocolli da applicare nei casi di violenza di genere, appurare per quale motivo nel caso specifico non siano stati applicati, e scongiurare il ripetersi di episodi analoghi. Oppure, ove mai si fosse agito correttamente, stimolare un confronto circa la necessità di migliorare la legge in questione.
Il Vicepresidente del Consiglio Regionale
Antonio Blasioli