L’indimenticabile professor Rino Faranda,  scrittore, docente, educatore, umanista e fine conoscitore della cucina teramana, ha lasciato un patrimonio straordinario fatto di sapienza e conoscenze, raccolte  nel libro La Cucina Teramana” (Ricerche&Redazioni). 

In questo libro  prezioso il Prof. Faranda  ricorda che  ci sono alcune  prelibatezze che appartengono alla storia e all’esperienza della vera cucina teramana. Tra queste la “chitarra alla teramana”  . Oltre alla  ventricina, timballo, scrippelle ’mbusse, virtù, mazzarelle, ciffi e ciaffe, agnello cacio e ova, pizza dolce, caggionetti, uccelletti, pepatelli. Cucina teramana. Poi ci sono i bocconotti montoriesi, la capra neretese,  il tacchino alla canzanese, le sogliole alla giuliese. Ma nessun teramano si sognerebbe di dire che è teramane “le ceppe civitellesi” .   Solo chi non ha nessun piatto proprio  come il Pescarese (perchè non ha storia visto le recenti origini) deve provare a scippare i “piatti” altrui mettendo tutto in un generico calderone spacciato per “abruzzese”.  Ci hanno provato anche con le “rustell”,  e hanno preso una bastonata “tra i denti”  dai  Comuni della fascia sud-orientale del Gran Sasso d’Italia, soprattutto da Villa Celiera. Ci hanno provato con “il campofilone” e un generico prodotto del “maccaronaro di Ancarano”. E finita a male parole e zitti a casa. Ora ci provano con la chitarra teramana.

Come scrive il Prof. Fernando  Aurini nel suo  altrettanto prezioso volume “Cucina teramana”  (a cura della Regione Abruzzo Centro Servizi Culturali di Teramo)  “I teramani ci tengono molto a spiegare che non parliamo di cucina abruzzese, ma teramana. L’origine di alcuni piatti è antica, molti la fanno risalire agli antichi romani, la documentazione storica però è medioevale….” Per l’edizione è del 1964. Oggi non è più così.

Secondo Marcello Schillaci, storico cantiniere di Porta Romana, cultore e unico difensore dei “piatti teramani” “ Teramo ha subito l’ennesima umiliazione. La cucina teramana è stata nuovamente offesa e dimenticata dall’iniziativa svolta nell’Università di Teramo dove si è tenuto un convegno sui maccheroni alla chitarra e, come al solito, non solo non è stato invitato nessuno dei cuochi teramani ma si è parlato di un generico “piatto abruzzese”  . Il tutto presentato – pro domo suo – da presunti “Cavalieri della chitarra”  supportati dal solito sociologo di Chieti , da un gastronomo di Ascoli”

Non è certamente un caso, ma volutamente è stata così dimenticata  la gastronomia teramana  che è sorprendentemente ricca e varia e trae da antichissime tradizioni contadine i suoi inconfondibili profumi e sapori.  Volutamente e colpevolmente si ignora che la cucina teramana (in Abruzzo solo questa)  è influenzata da una storia secolare che risale già agli albori della cultura italica, è ricca di storia e tradizioni culturali che si mescolano in un intrigante connubio di profumi e sapori che restituiscono i piaceri tipici degli alimenti semplici e sani appartenuti ai nostri avi.

E così continua Schillaci: “Volutamente questi “cavalieri”  hanno usato l’Università per  offendere la cultura  “gastronomicamente”  più rilevante  del nostro lembo d’Abruzzo, dimenticando o ignorando  (da cui proviene “ignoranti) che solo la cucina  teramana  è fondata da un connubio inscindibile  di genuinità dei prodotti e tecnica preparatoria,  nata da antichissime tradizioni, una vera arte maturata nel tempo per rendere il cibo una espressione culturale”

E’  molto arrabbiato il ristoratore Marcello Schillaci che chiude con queste domande che resteranno irrisolte  “….. Scriverò al Ministro dell’Università per protestare contro il fatto che  agli studenti dell’Università teramana nulla è stato detto  della grande tradizione della pasta fatta con “lu maccarunare nco’ li palluttine”. E  continua “…a settembre il Comune ha speso più di 30mila euro per portare in piazza tre chef che non hanno detto una parola sulla cucina teramana. Oggi vengono invitati cuochi pescaresi e teatini. Supportati da politici pescaresi Cioè sempre gli stessi, non a caso quelli di “qualità abruzzo” . Chiediamoci perché ? Quali interessi ci sono dietro. Perché cercano in ogni occasione di trasformare i piatti teramani  in “piatti abruzzesi”  Chiediamocelo. Sbaglia chi pensa che l’intento sia quello di spostare l’interesse del turista eno gastronomico nel pescarese ? Perché i ristoratori locali colpevolmente tacciono davanti a questo perpetuarsi del forte danneggiamento dell’economia locale teramana ? Perché l’Università si presta a queste operazioni  ?  Il Sindaco D’Alberto e i politici locali che dicono”

Ai posteri l’ardua sentenza.