Cambia solo la data. Ma la storia si ripete. Aldo Moro, come Paolo Borsellino, come tanti servitori dello Stato vittime del terrorismo,  stanno ancora aspettando la verità.  Nell’indifferenza complice. Nell’indifferenza che è collusione con i carnefici.

Mattei, Mattarella, Calvi, Impastato, Pasolini, Pinelli, Orlandi, Ustica, Bologna, Ustica. Omicidi, stragi, tentati golpe , strani suicidi. Tutti caratterizzati da insabbiamenti e depistaggi. Tutti hanno tutti una radice lontana e un unico filo conduttore. Non parlo di ectoplasmi o di alieni. Mi riferisco ai poteri, alla concentrazione di interessi politico economici che utilizzano e quindi proteggono mafia, servizi deviati, pezzi della Chiesa,  massoneria. Gli stessi che utilizzarono anche l’eversione politica portandosi dietro una striscia di sangue, di dolore, illusioni, delusioni, che tormentarono il nostro paese per venti anni “gli anni di piombo”.

In tanti sono venuti a dirci che su Moro ormai si sa tutto, scrivono i commissari, e invece di cose nuove ne son saltate fuori eccome. Cinque processi, diverse Commissioni d’inchiesta, tra cui due specifiche a indagare, e tante inchieste giudiziarie collaterali a cercare di aprire un varco nel buio dei fatti accatastati da 42 anni, nonostante la consegna della verità – cosiddetta ufficiale – sia avvenuta ormai nel lontano 1986 quando Valerio Morucci e Adriana Faranda.

Il 9 maggio è il giorno in cui Aldo Moro venne ucciso. La barbarie brigatista giunse allora all’apice dell’aggressione allo Stato democratico. Lo straziante supplizio a cui Moro venne sottoposto resterà una ferita insanabile nella nostra storia democratica. La morte di Aldo Moro fu uno spartiacque terribile per la lotta al terrorismo. La verità ancora non è dietro l’angolo e sinceramente non so se ci arriveremo mai: è passato troppo tempo, ci sono state cose che sembrano inverosimili. I particolari grandi e piccoli del Caso Moro non si esauriscono mai. Vanno su e giù nei ricordi, di anniversario in anniversario, in un contorcimento di storie, personaggi e circostanze che, tuttavia, non sembrano modificare l’immobilità del racconto principale.

La commissione Moro ha destrutturato le false verità che si erano consolidate nel tempo, soprattutto per l’imbroglio del Memoriale Morucci ma non ne ha svelate di nuove. Evidentemente i tempi non sono ancora maturi, e… gli apparati ci guardano. Ma, la verità è schiacciata da una montagna di dubbi. E’ ormai certo che in Via Fani, insieme alle Brigate Rosse, vi fossero elementi dei servizi segreti deviati dello Stato che dettero appuntamento ai brigatisti, che segnalarono l’arrivo dell’auto di Moro, che si allontanarono con loro. Poi c’erano uomini della mafia romana (Banda della Magliana) . Ma non solo, c’era un agente del kgb russo che ha sempre asserito di essere passato li “per caso”, e uomini dei servizi segreti americani, che avevano interesse, per lo meno, a creare caos in Italia e impedire un asse DC-PCI.  Oltre a questo è emerso che in via Fani vi erano almeno due persone che parlavano in tedesco . L’omicidio che lacerò la fragile democrazia italiana è ancora un nervo scoperto della storia patria, e più si tenta di rimuoverlo più lo strappo si allarga, la ferita sanguina. Potevano quattro assassini da agguati alle spalle, terroristi casalinghi alla buona, compiere un massacro di assoluta precisione militare, condotto con estrema freddezza, senza sfiorare il presidente della Dc? Gestire il rapimento in una città blindata ? O almeno così sembrava. Che cosa accadde davvero nei quasi due mesi della prigionia del leader politico? Lo cercavano sul serio, oppure si evitò accuratamente di trovarlo? Quanti ne temevano il ritorno? Ancora: rispetto all’uccisione di Moro, i rilievi del Ris Carabinieri fatti di recente dicono che non è possibile che sia stato ammazzato come hanno sempre raccontato i brigatisti, nel bagagliaio della Renault 4, perché il garage dove l’auto si trovava era così piccolo che non si poteva nemmeno aprire del tutto il portellone. La Commissione conclude che non è trattato solo di disattenzione, ma che negli apparati dello Stato qualcuno non ha voluto vedere. Brigatisti e mafiosi, come bassa manovalanza. Servizi deviati. Depistaggi. Processi farsa. Falsi pentiti. Occultamento delle prove. Tanti che cercano ma nessuno che trova quello che era davanti agli occhi.