Che c’è di più bello di stare insieme a ridere, abbracciarsi e parlare? Siamo italiani e abbiamo fatto della convivialità uno dei nostri punti di forza in tutto il mondo. Milioni di turisti hanno affollato le nostre città uniche, romantiche ed emozionanti per assaporare in prima persona il nostro modo di vivere “Too much”, come diceva la bionda modella dello spot “Molinari”. Gli aperitivi, le cene, le feste, le sagre, i caffè, insomma ogni occasione è buona per essere italiani. Essere persone che amano per cultura e tradizioni stare insieme. L’altro individuo è un posto dove sedersi per ripararsi dalla solitudine e dalle nostre paure. Non a caso diciamo che l’unione fa la forza.
Ma ora che un virus prepotente ci ha imposto la distanza sociale, che si fa? A parte lucidare nel cuore la speranza che tutto torni come prima, non possiamo limitarci ad aspettare. Ma non sarà mica che un aiuto ci venga offerto proprio da quella cosa che per tanto tempo abbiamo tacciato di freddezza? La rete! In così tanto isolamento, persino il nome “rete” comincia a farci sentire meno soli e parte di un tutto.
Cambiano gli scenari e cambiano anche i modi di intendere la socialità. Se prima eravamo troppo innamorati della nostra convivialità, tanto da essere un po’ reticenti all’adozione del web, social esclusi, adesso dobbiamo fare un passo indietro. Dobbiamo ripensare la nostra vita. La scuola, il lavoro, la formazione, la banca e persino lo sport vengono rivisti e riadattati alle dimensioni di uno schermo. La tanto schernita distanza virtuale adesso diventa più sopportabile della più temuta distanza sociale.
E mi vengono in mente le parole di una canzone di altri tempi: “si muore un po’ per poter vivere”. Forse è proprio così. Rinunciamo a qualcosa, cioè alle nostre relazioni fisiche, per continuare a preservare la socialità. Un elemento caratterizzante del nostro DNA di italiani. Dovremmo essere in grado di ripensare tutto, compreso gli spazi e il tempo. Gli spazi dei nostri luoghi intimi: la casa. Non più solo la nostra solita casa, ma scenario di conferenze, lezioni, e chissà quant’altro. E il tempo: sempre connessi. Sempre pronti. Perché tanto un innocuo messaggio di lavoro WhatsApp può essere mandato a qualsiasi orario, no? Saremo pronti per la sfida?