La prima emergenza in Italia è la mafia che, anno dopo anno, si conferma in grado di approfittare di emergenze, crisi, passaggi epocali e trasformarli in business. Eccola la fotografia dalla Dia nella sua ultima relazione semestrale presentata ieri. Una mafia borghese e fluida ma che rimane fortemente radicata alle sue strutture gerarchiche tradizionali, saldamente ancorata alla casa madre in Calabria, ma in grado di espandersi con successo in Italia e all’estero. Anche se sa nascondersi, presentarsi con faccia criminale più adeguata a seconda della situazione.
Per questo – si legge nella redazione della D.I.A. 2022 – l’organizzazione nel tempo si è mostrata capace di stringere accordi diretti con i cartelli e affermarsi come holding criminale di riferimento nel mondo del narcotraffico, ma anche con uomini delle istituzioni, imprenditori, liberi professionisti. E infettare la struttura dello Stato, divorare appalti e fondi pubblici, contaminare le istituzioni, addomesticare l’economia. “La ndrangheta spara meno – afferma la Dia – però corrompe di più, ha sempre rapporti con il mondo dell’imprenditoria e della politica”. Di usare la violenza, non ha bisogno. La moderna ‘competitività’ criminale della ‘Ndrangheta è da ritrovarsi nell’elevato livello di infiltrazione all’interno del mondo politico-istituzionale, ricavandone indebiti vantaggi nella concessione di appalti e commesse pubbliche, avvertono gli investigatori, che mettono in fila le innumerevoli inchieste che nel corso degli ultimi mesi hanno portato alla luce anche in Abruzzo contatti fra i più diversi clan e politici e amministratori di ogni livello.
Di questo è altro si parlerà Mercoledi 20 aprile alle ore 18 nella sala del Comune di Pescara in un incontro organizzato dal Premio Borsellino in concomitanza con l’esposizione della “Quarto Savona 15” .
La diffusa corruttela – sottolineano gli analisti della Dia – interverrebbe sulle dinamiche relazionali con gli enti locali sino a poterne condizionare le scelte ed inquinare le competizioni elettorali. In tal modo diviene evidente la possibilità che la corretta direzione della cosa pubblica venga alterata. La Pubblica amministrazione alla ‘Ndrangheta serve. È quello il canale attraverso cui i clan si accaparrano appalti e commesse. Per i clan la pandemia è stata occasione di business anche nel settore privato. Costruzioni, autotrasporti, raccolta di materiali inerti, pulizie, ristorazione, gestione di impianti sportivi e strutture alberghiere, commercio al dettaglio, servizi funebri, sono fra i settori a maggiore rischio infiltrazione, in un contesto economico in cui la ‘Ndrangheta, con la sua enorme liquidità, rischia di diventare interlocutore privilegiato per aziende in crisi. Come per le persone, che negli uomini e nelle donne dei clan – cui oggi anche la Dia riconosce ruoli di comando e vertice – trovano un punto di riferimento.
È il welfare mafioso che distribuisce soldi, aiuti, posti di lavoro e in cambio pretende asservimento. Ma nel frattempo non esita ad accaparrarsi persino buoni e aiuti destinati a sostenere i più bisognosi negli anni duri della pandemia. Appetiti che adesso di potrebbero rivolgere verso il Pnrr. “Considerata la spiccata capacità imprenditoriale evidenziata durante il perdurare dell’emergenza sanitaria con la tendenza a infiltrare in modo capillare il tessuto economico e sociale – avverte la Dia – è più che ragionevole ipotizzare che le mafie potrebbero rivolgere le proprie attenzioni verso i fondi comunitari destinati al Piano nazionale ripresa e resilienza”.