TERAMO – In tempi di pandemia le donne stanno pagando il costo maggiore. Lo dicono le indagini ISTAT sui dati dell’occupazione femminile e sui servizi disponibili; lo certifica il notevole impegno profuso nei settori della conoscenza in un contesto che ha rivoluzionato il modo di fare scuola.
Lo sappiamo: il mondo della conoscenza si regge su spalle femminili: sono il 78,5% le donne insegnanti in Italia (quasi il 100% nell’infanzia fino al 59% nelle superiori), poco più del 61% le lavoratrici ATA. Le docenti universitarie e le ricercatrici sono il 35% del totale.
Da molto tempo non funziona più il potere di attrazione del lavoro intellettuale nella scuola per i modelli maschili, perché da troppo tempo tutta la filiera dell’istruzione è attraversata da scarso riconoscimento sociale.
L’investimento nello studio e nella professione non richiama parametri economici soddisfacenti, né prospettive di crescita verso esperienze di carriera o progressivi guadagni: i contesti educativi e formativi non vanno nella direzione della produttività, non si aprono a trend positivi, non sono misurabili con punti/percentuale per incremento di gettito.
Il vento inquinato del trasformismo, però, ha soffiato anche nella direzione della scuola, portando il pregiudizio della “modernità”, sull’altare del quale sacrificare la democrazia e la sua stessa complessità, vera alternativa ad un mondo governato dal profitto economico.
Verticismo, aziendalismo, competizione, subalternità, opportunismo, rischiano di dettare il nuovo corso della scuola dietro le parole “premialità e meritocrazia” come unica vera cura per la malattia cronica del sistema pubblico.
Le donne sono tante, ma esposte: alle richieste di maggior impegno, disponibilità e orari straordinari spesso ricorrono al part-time con conseguenze gravose sul loro quadro contributivo; si sentono responsabili delle loro scelte, dei fragili equilibri interpersonali e della cura familiare, ma l’impianto normativo non le tutela e il contratto è spesso eluso dall’emergenza e dalle pressioni dell’ambiente educativo.
La conoscenza ha il motore di un’economia al femminile, con i tempi lunghi dell’investimento e dell’attenzione alla crescita umana. Di questo non sempre si tiene conto in maniera adeguata, visti i dati richiamati.
Solo accogliendo questi principi la scuola potrà trainare il Paese verso un cambiamento vero. Sempre più evidente in tempi di pandemia.
E solo un Paese pronto a vedere la realtà nella quotidianità delle donne può pensare di ripartire con il piede giusto puntando sulle sue energie migliori.
FLC CGIL TERAMO
Di seguito le iniziative organizzate dalla CGIL in occasione dell’8 marzo