JESI – UBI Banca ha erogato durante il 2018 in Abruzzo finanziamenti per 158 milioni di euro, di cui 95 milioni alle imprese e 63 milioni ai privati (mutui, prestiti, cessione del quinto), in linea con il dato 2017. UBI Banca ha anche confermato nel 2018 il pieno mantenimento della ricchezza finanziaria, con una raccolta complessiva pari a 2,3 miliardi di euro.
“Nel 2018 abbiamo avuto numeri in crescita sui depositi e sulla raccolta gestita e abbiamo mantenuto in pieno la quota di finanziamenti alle imprese e alle famiglie”, ha dichiarato Roberto Gabrielli, responsabile della macro area Marche Abruzzo di UBI Banca. “Abbiamo lavorato sul processo di razionalizzazione della rete commerciale, investendo nel restyling delle filiali principali e nell’implementazione delle dotazioni tecnologiche. L’Abruzzo si conferma una delle regioni strategiche per UBI Banca, non solo perché siamo una fra le prime banche per quote di mercato, ma anche perché vogliamo continuare a rappresentare il principale partner per le imprese e le famiglie abruzzesi”.
UBI Banca, che ha reso noti oggi i risultati consolidati al 31 dicembre 2018, è una delle principali banche italiane per capitalizzazione di mercato e uno dei più importanti istituti di credito della regione Abruzzo.
UBI Banca, risultati 2018 – 8 febbraio 2019
Intervista al Consigliere Delegato Victor Massiah
I dati più recenti confermano le incertezze della crescita. UBI Banca, favorita anche dalla sua presenza nelle aree più attive del Paese, è un avamposto da cui trarre indicazioni. Lei come vede i prossimi sviluppi?
Non c’è dubbio che ci sia molta incertezza. Sono stati rivisti al ribasso i dati di previsione di crescita del PIL per quest’anno e c’è un attore fondamentale per l’economia, in particolare per il nord Italia, che è la Germania, che a sua volta è in importante frenata anche a causa di una specifica situazione nel settore automobilistico. Devo dire però che, allo stesso tempo, noi usciamo da un ciclo molto lungo di crisi che ha inevitabilmente prodotto dei vincitori e dei perdenti. I vincitori, sopravvissuti, sono aziende molto solide per cui, se da un lato è inevitabile in questo momento avere un’attesa di rallentamento, dal punto di vista della forza delle aziende io non sono affatto preoccupato: sono pronte anche ad accettare quello che è un normale ciclo di rallentamento e sono convito che abbiano forza, capacità innovativa e management per potere ritornare alla crescita.
Veniamo alle banche: gli NPL e la loro gestione hanno ripreso il centro della scena. Lo scenario economico, atteso più debole, e timori di nuovi vincoli hanno disorientato i mercati. Ci aiuta a fare il punto per UBI?
Il punto per UBI è molto semplice: alla fine del 2018 abbiamo ridotto i nostri gross NPL a una dimensione inferiore ai 10 miliardi. È un momento simbolico: siamo a 9 miliardi e 700 milioni; avevamo promesso di scendere in maniera importante e siamo scesi. Ricordo che siamo scesi in maniera autonoma. Non abbiamo alcun progetto di vendita della nostra piattaforma di recupero crediti, ritengo che il nostro management in quel settore sia uno dei migliori in assoluto in Italia, ritengo che le nostre soluzioni siano estremamente efficaci, il tasso di recupero è estremamente elevato, quindi sono molto contento di essere riusciti ad arrivare a questo tipo di dimensioni molto ridotte (dello stock NPL, ndr) attraverso un mix importante, che ha visto sì anche l’utilizzo opportunistico della first time adoption e delle GACS, ma che sostanzialmente si basa su una piattaforma interna che resterà una pietra angolare della nostra strategia.
In questo contesto UBI Banca presenta risultati annuali in crescita, avendo raggiunto target importanti per il credito e il sistema dei costi. Ce li commenta brevemente? E quali sono gli sviluppi attesi per il 2019?
I numeri in termini di risultati parlano da soli: abbiamo un risultato normalizzato superiore ai 300 milioni, che si confronta con un risultato normalizzato del 2017 attorno ai 180 milioni, quindi una crescita significativa. Questo ci permette anche di proporre in assemblea un dividendo in crescita, a 12 centesimi, che è il dividendo più alto che proponiamo da molti anni e che in qualche modo rappresenta oltre il 5% di quello che è l’attuale prezzo dell’azione e questo credo sia un’ulteriore dimostrazione che l’azione in questo momento, come quelle di buona parte del sistema bancario italiano, è sottovalutata.
Le componenti che hanno portato a questo risultato sono ovviamente diverse e sono sostanzialmente generate da una tenuta sostanziale dei ricavi, in un contesto estremamente difficile nella seconda parte dell’anno, con un deprezzamento importante degli asset di investimento sia azionari che obbligazionari del mercato e con una decrescita, negli ultimi due trimestri, che ci ha portato tecnicamente in recessione e quindi con una frenata della domanda. Abbiamo però avuto contemporaneamente una forte capacità di riduzione ulteriore dei costi, grazie a quella che ormai da tanti anni è la nostra cultura, il nostro passo, rafforzata quest’anno dalla capacità di prendere beneficio dall’operazione di acquisizione delle tre banche e dalle economie di scala derivanti: complessivamente sono stati 100 milioni in meno di costi.
Aggiungo a ciò che c’è stata un’importante capacità di controllo del costo del credito, grazie al combinato disposto della capacità di utilizzare in maniera opportunistica la first time adoption e le GACS e, permettetemi di dire, soprattutto da quell’organizzazione che ci siamo dati e da quell’alta professionalità dei nostri colleghi che ci permette di confermare e rafforzare la scelta di “tenere per noi” la piattaforma di recupero crediti, scelta abbastanza originale ormai nel sistema bancario italiano, che sta permettendo di avere dei tassi di recupero particolarmente elevati e che confermiamo anche per il prossimo anno. Anche nel prossimo anno noi terremo la piattaforma, lavoreremo molto all’interno senza che questo ci impedisca peraltro di andare a fare qualche cessione opportunistica su pacchetti di credito specializzato.
Parlando del futuro noi, innanzitutto, dobbiamo ricordare che abbiamo un passaggio importantissimo in termini di governance: scade il triennio di mandato dei due Consigli, adottiamo il sistema monistico come già approvato nell’assemblea di ottobre. Ci sarà un unico Consiglio, sarà conseguentemente diverso da quelli attuali e questo sarà un elemento importante che, combinato con il differente scenario che si è creato per il 2019 – tassi ancora negativi e spread che è il doppio di quello che era stato previsto nel piano industriale attuale – ci porta a consigliare, a raccomandare, nel passaggio di testimone al nuovo Consiglio, la produzione di un nuovo piano industriale. A mio avviso questo piano industriale, che avrebbe inevitabilmente un orizzonte temporale nuovo, può sostituire in maniera anticipata quello attuale che comunque ha 18 mesi di vita residui perché scade a fine del 2020, con uno scenario di tassi e di spread diverso, con uno scenario di crescita purtroppo in questo momento diverso, ma che allo stesso tempo può portare dentro, nel piano, le lezioni apprese, ulteriori, che abbiamo compreso in questi anni e che mi portano comunque a essere ottimista.
Vorrei chiudere, sotto questo aspetto di ottimismo, con quello che è un nostro impegno. Noi, nonostante delle condizioni avverse, riteniamo che possiamo impegnarci a cercare di realizzare per il 2019 un utile superiore a quello già molto in crescita, come abbiamo visto, per il 2018. Abbiamo conoscenze, risorse, solidità, soluzioni che a mio avviso ci permettono di poter realizzare questo auspicio.