ROMA – A distanza di un anno e mezzo dall’approvazione in Consiglio regionale della fondamentale legge ricostituente che ridisegna lo stemma della Regione Abruzzo, la stessa norma torna in commissione
per alcune modifiche improntate alla sobrietà: restano la figura stilizzata del Guerriero di
Capestrano e una scritta in latino, spariscono la corona dorata e i drappeggi. Ma spariscono dalle
casse dell’ente anche 70mila euro, quelli utilizzati per pagare la società di comunicazione che ha
elaborato il nuovo simbolo.
Questa frenetica attività consiliare su una questione di araldica – che a quanto pare è stata
fortemente voluta dal presidente dell’assise regionale – suscita alcune riflessioni.
Innanzitutto, avrebbero potuto finanziare la nuova grafica con i fondi del PNRR al posto del
raddoppio della linea ferroviaria Pescara-Roma: in fondo l’infrastruttura esiste già mentre lo
stemma regionale andava rinnovato profondamente. Così, nelle more della velocizzazione (al
momento il viaggio più breve in treno da Pescara alla Capitale dura 3 ore e mezza) i passeggeri
potranno ammirare il nuovo aspetto dell’effigie regionale, dilettandosi a cercare con la lente di
ingrandimento l’iscrizione in antico piceno posta su un lato della statua del guerriero.
Si potrebbe anche aggiungere uno zero ai 70mila euro previsti dalla legge, tanto per non avere
ritardi o sorprese nell’elaborazione del nuovo soggetto. Inoltre, si può ipotizzare di coinvolgere la
figura di D’Annunzio in un convegno intitolato “Il Vate e il nuovo gonfalone della Regione”: siamo
sicuri che anche in questo caso si troverà qualche punto di contatto per animare il dibattito.
Per valutare la qualità dei tessuti, suggeriamo di far cucire come capi-prova delle talari da far
indossare al presidente della giunta regionale in scadenza, magari in occasione di un bel défilé
nell’evocativo castello di Capestrano: certi talenti vanno sfruttati.
Ci si immagina che gli ultimi mesi di una legislatura vengano impegnati per i provvedimenti sulle
questioni più urgenti da risolvere: la maggioranza di centrodestra ripropone, come una peperonata,
la norma sullo stemma. Questione di priorità: c’è chi pensa ai temi della vita quotidiana, e chi
gigioneggia con l’araldica. I ministeri, tornati infantili, sono nelle mani delle società di consulenza
strategica, per fortuna plurali, come scrive l’economista delle istituzioni pubbliche Mariana
Mazzuccato; in Abruzzo il nostro ordinamento regionale è in una ridotta conducente “tutta bicchieri
e comunicazione”, naturalmente affidando anima e corpo dell’amministrazione a due comunicatori
e due soltanto, ripetutamente, in ragione del merito indiscutibile e delle dimensioni della
fiduciarietà guadagnata.

On Luciano D’Alfonso