E’ il secondo appuntamento con Medaglioni Biancorossi, una rubrica bisettimanale curata dal Prof. Elso Simone Serpentini che ci racconta da lustri la Storia del Calcio Teramano.
Ogni mercoledì e domenica, pertanto, dalle ore 09:00, sarà reso merito ai campioni biancorossi del passato, ma anche a chi ha difeso i colori della nostra città con tanta umiltà e con gli stessi, identici ideali.
Dopo aver ricordato le gesta di Dante Franchini, è la volta di Giuseppe “Peppe” Di Lodovico.
TERAMO – Non so perché nelle foto della sua squadra sta sempre vestito in borghese, non con la divisa da calciatore, al contrario della maggior parte dei suoi compagni, con i quali lottava da leone in una insuperabile difesa che lo vedeva prim’attore. Giuseppe Di Ludovico, per tutti “Peppe” veniva da Castellalto e amava ricordare la sua origine contadina e il suo spaesamento quando era venuto in città a giocare al pallone.
Aveva esordito a venti anni nel campionato di Promozione Interregionale, in una partita con il Fabriano vinta 4-1, il 26 settembre 1949.
Si era dopo la guerra e giocare al pallone era un modo per non pensare più a brutte vicende e per lottare contro la fame. Arcigno difensore, giocò con la bianca biancorossa 60 partire senza segnare una sola rete, ma lui i goal li doveva evitare, non segnare. Era uno di quelli che, per dirla in dialetto teramano, sul campo “carpave la terre”.
Negli anni successivi al periodo del suo calcio eroico, generoso gestore di un ristorante di pesce a Giulianova, l’aveva chiamato “La Pantera Nera” e aveva fatto bene, perché lui era stata una “pantera” sul campo. Poveri gli attaccanti che lo affrontavano per superarlo, “pite o pallone, nen passave”. In età avanzata ogni tanto si affacciava in Piazza Martiri a Teramo, anche per riunirsi al suo vecchio compagno di difesa Lucio Standoli, ed era un irresistibile barzellettiere. Ne raccontava di ogni tipo e le sapeva raccontare, ma era pittoresco quando narrava delle arti di seduzione esercitate nei confronti suoi e dei suoi atletici compagni di squadra da gentili e belle rappresentanti del sesso femminile teramano, sposate e non sposate, attratte, come già accadeva allora e accadrà in seguito, da quei fisici statuari che non erano certamente efebici, quali spesso se ne vedono oggi sui campi di calcio. Rideva, nel raccontare, e diceva come e perché egli rifiutasse le avances, che magari qualche suo compagno di squadra non disdegnava di accettare: “Me ère spusate da poche e n’abbingiàve a zappa’ l’orta mi”.
Peppe, Peppe Di Ludovico. Uno degli eroi di quel calcio eroico che aveva nel Campo Sportivo Comunale, non ancora vecchio, il suo palcoscenico domenicale.
Non ritroveremo mai le sensazioni di quell’Olimpo.