Giorni addietro la Polizia Penitenziaria di Teramo diretta dal Dirigente Livio Recchiuti, ha sventato l’ennesimo tentativo di far entrare in carcere droga e telefonini , bloccando un famigliare di un detenuto prima dell’ingresso ai colloqui.
La donna M.G. italiana di anni 28 aveva nascosto nelle parti intime un’ingente quantitativo di sostanza stupefacente (gr.30 di cocaina e gr.10 di hascish circa) da destinare al convivente recluso. Questo però non ha evitato che ai controlli venisse scoperta e tratta in stato di fermo e denunciata all’A.G. Di seguito , estesa la perquisizione anche nel cassetto deposito oggetti in uso alla signora ,venivano rinvenuti cinque telefoni cellulari di cui tre micro e un smartwatch, tre schede telefoniche e altra sostanza stupefacente (gr.20 hashish circa). Il compagno recluso, magrebino H.A. di anni 24, venuto a conoscenza del fermo, per completare l’opera devastava diversi arredi della sezione detentiva e cercando di aggredire gli agenti. Il 24enne veniva denunciato all’A.G. per i reati di danneggiamento, resistenza e violenza a P.U.
Nei giorni successivi, a seguito di un’operazione investigativa e di osservazione veniva rinvenuto altro telefonino (micro) cellulare all’interno della cella di un detenuto italiano D.A. ,nascosto nell’involucro di un deodorante. L’apparecchio veniva sequestrato e il detenuto denunciato all’A.G.
Il SAPPE, torna a sollecitare interventi urgenti da parte delle Istituzioni: “Non sappiamo più in quale lingua del mondo dire che le carceri devono essere tutte schermate all’uso di telefoni cellulari e qualsiasi altro apparato tecnologico che possa produrre comunicazioni , assegnare Unità cinofile in ogni istituto di pena e non solo a livello regionale e soprattutto dotare la polizia penitenziaria della pistola “ taser” per bloccare i detenuti facinorosi ed evitare che questi distruggono gli arredi e\o aggrediscono operatori penitenziari e compagni. .
Nonostante la previsione di reato prevista dall’art. 391 ter del Codice penale per l’ingresso e detenzione illecita di telefonini nelle carceri, con pene severe che vanno da 1 a 4 anni; il fenomeno non sembra ancora attenuarsi.