Mancano poche ore al grande match contro i  bastardi figli di Albione del Manchester United. Pochi minuti che valgono una stagione. E’ il giorno dei giorni e noi romanisti dobbiamo soffrire. Siamo abituati.  In attesa che lo special one ci nobiliti e ci vendichi di tanti torti e tante ingiustizie. C’è grande attesa per la sfida. Possiamo farcela. Ma anche un bel po’  di delusione e amarezza per non poter seguire la squadra e non poterla sostenere sugli spalti. Inevitabile sperare. Sono tifoso.  Impossibile però non rimanerci male alla fine se dovessimo pareggiare. Ma tanto vinceremo 5 a 0.  Roma intanto si è colorata di giallo e rosso  . E’ lo spettacolo delle grandi occasioni: molto molto di più di quanto è accaduto prima del  match casalingo contro i pollastri dell’Ajax. Ora tocca a noi far sentire il  sostegno alla squadra con bandiere e sciarpe al vento, i cori e tanti fumogeni a creare un clima mozzafiato.  Sono un tifoso. Tocca a me far sentire il  supporto alla squadra, caricandola ulteriormente per questo grande match. Perché meravigliarsi  se  Nietzsche  scriveva “Il tifoso è un bimbo che vuole giocare” . Perchè meravigliarsi se, invece, l’inventore della Cantera del Barcellone, il guru Horst Wein scrive “Il tifoso vuole solo vincere, non giocare” un motivo ci sarà. Puoi anche aver il patentino  da allenatore “Master Uefa Pro”  ma per quello che non gli tira più e si deve sfogare  se non vinci non capisci un ca…lcio. Puoi essere stato scelto anche per allenare la Nazionale, ma quello che non ha mai allenato manco la squadra del condominio ha deciso: se non vinci non capisci niente.  Puoi anche aver allenato in paradiso, ma, per me che non vinco mai, conta solo vincere. Così ragiona un vero ultras, così cresce il calcio e il movimento “sportivo”, così cresce l’ambiente . Capisco sempre tutto io, anche se la vita dice il contrario.

Liberate i leoni.  Solo, battendo questi bastardi inglese la squadra potrebbe convincere l’ambiente a restituire un pò di fiducia. Vincere e vinceremo. Poi certo è molto più facile sparare sul pianista che aspettare che il gruppo, di qualità indiscutibile, trovi una sua struttura, un suo gioco, cioè che diventi “squadra”. E’ più facile urlare, imprecare, offendere, “l’untore! dagli! dagli! dagli all’untore!” . E chi strilla di più è più fregno. E chi strilla di più è più tifoso. Vincere e vinceremo. E chi  bestemmia di più ha più ragione. E chi beve più birre e più tifoso.  Inutile anche provare a  scrivere che il modo migliore per far crescere una squadra è quello di creare un ambiente sportivo costruttivo e sereno.  Vincere e vinceremo. Tutti sanno tutto e il dado è tratto. Tanto la colpa è sempre stata e sarà sempre dell’allenatore, dei suoi pretoriani, dell’ambiente ostile o dei media. Si si lo so, da oggi è anche colpa mia. Vincere e vinceremo.

Sarà.  Con pacatezza, passione, amore vorrei solo una bella squadra  che mi faccia divertire la domenica.  Vorrei fremere per la mia squadra,  tornare a vivere  quella sensazione netta, chiara, forte che si ha quando si spera che quella punizione entri. E la certezza che quello stadio, tutto in piedi, venga giù per la gioia. Io dentro, io li. Tra mille bandiere e sciarpe finalmente al vento come una volta. Tutti in piedi lì in un unica speranza con un unico brivido.  Gridando,  cantando, sudando,  applaudendo felici e disperato dietro quel pallone. E nessuna paura, solo felicità per tutte le volte che  la vittoria ci ha reso felici. Però poi magari si perde. Allora io voglio gridare ancora più forte E magari pensare “Basta non ci vengo più”.  Ma poi  va bene lo stesso.  La prossima volta saremo ancora qui. Per amore.

Leo Nodari