“Io so. Io so i nomi dei responsabili. Io so i nomi del “vertice” che ha manovrato. Io so i nomi del gruppo di potenti. Io so i nomi delle persone serie e importanti che stanno dietro. Io so tutti questi nomi e so tutti i fatti di cui si sono resi colpevoli. Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi”.

Cent’anni fa nasceva Pier Paolo Pasolini. Autore di poesie, romanzi e film, odiato da molti, amatissimo da altri. Un pensatore che ha influenzato il suo tempo. E anche il nostro. Impossibile definirlo: regista, sceneggiatore, scrittore, critico, poeta, pittore, drammaturgo, traduttore e docente. Un genio. Ribelle e anticonformista. Un osservatore attento della società, a cui non faceva sconti con il suo approccio straordinario alle molteplici varianti dell’arte.  Personalmente apprezzavo soprattutto i suoi saggi, che poi sono confluiti in una raccolta (Scritti corsari) pubblicata postuma. Un genio ribelle, mai banale. Per questo il suo pensiero, che ci influenza ancora oggi, non può esprimersi con un mezzo solo. Oltre a saggi, articoli e romanzi, ha “scritto” anche con la macchina da presa.

Molti – giustamente – ricorderanno le sue opere. Nell’anniversario della sua nascita io preferisco ricordare la sua morte, nella notte del 2 novembre del 1975. Prefersco ricordare che fu ucciso anzitutto da una italietta borghese e bigotta che oggi lo celebra ma in vita lo condanno più volte in modo feroce (34 processi).Preferisco ricordare oggi che fu  barbaramente assassinato, all’idroscalo di Ostia. E che la sua morte ancora oggi presenta più di un punto oscuro. Misteri sepolti per sempre.  Preferisco , oggi, mente in tutta Italia si celebra il suo genio multiforme, chiedermi cosa successe quell’ultima notte, quella manciata di ore tra la cena con Ninetto Diavoli e la morte sulla via dell’Idroscalo ?  Mentre si inaugurano mostre, retrospettive, si ristampano libri mi sembra più giusto, oggi, continuare a chiedermi cosa successe in quel lasso di tempo nel quale è avvolto il mistero della uccisione di Pier Paolo Pasolini? Mentre in Tv trovo ovunque qualcuno che lo celebra, non trovo nessuno che si chieda: da chi e perché fu ucciso l’intellettuale più scomodo del novecento. L’intellettuale  che non piaceva a nessuno. Che non piaceva soprattutto agli intellettuali; perché era il contrario di quel che in genere essi sono, viscidi, esseri in ginocchio, cauti distillatori di parole e di posizioni, pacifici fruitori della separazione fra “letteratura” e “vita”. Giacché, se una cosa è certa, è che questo improvviso riconoscersi tutti nelle sue ragioni, da morto, e brutalizzato in quel modo, è davvero uno sbeffeggiamento che gli restituisce questo mondo non amato e che non lo ha mai amato. L’idea che mi sono fatto è che “tanto amore”, tanto “fervore” e sui suoi cortigiani e “fans” di oggi, Pasolini avrebbe – se è lecito immaginare questo gesto in un uomo così dimessamente gentile – sputato sopra. Tanta falsità, tutto il genuflettersi degli intellettuali di oggi, dei sinistrorsi di oggi, dei libertari di oggi, sono la seconda macchina che passa sul suo corpo. Giacché del valore dirompente, violento, della sua “reazione” nulla resta, nella prime, seconde e terze pagine che oggi gli sono dedicate da persone che scrissero all’epoca “Finalmente ce ne siamo liberati”.  Lo ammazzano nuovamente e con più violenza oggi i suoi veri nemici di sempre. Più che il ragazzo di strada che fu pagato da qualcuno per portarlo in quel posto a quell’ora dove ad attenderlo c’erano i killer che non furono mai cercati veramente.

“Dimenticate subito i successi. E continuare imperterriti, ostinati, eternamente contrari, a pretendere, a volere, a identificarvi col diverso”, come recita uno dei suoi ultimissimi scritti “corsari”. In questa epoca di ipocriti, di falsi, di collusi, di uomini vermi che vivono strisciando, ci manca e tanto questo suo modo d’essere, il suo aver dato scandalo con le idee, come con la sua vita e la sua presenza sempre viva.  Mancano la forza e l’incandescenza delle sue visioni, delle sue idee, delle sue profonde analisi rivelatesi quasi profezie sulla società industriale che ancora ci parlano nella nostra civiltà in profonda crisi. E non per un virus.. Manca la sua poesia sull’assenza delle lucciole in una natura depredata dall’uomo. Manca il suo dito puntato ”Io so, ma non ho le prove”. Mancano gli sguardi ”Ragazzi di vita” e manca il profeta di ”Accattone” e ”Mamma Roma”. Manca l’amore di ”Uccellacci e uccellini” e ”Medea”. Manca il rispetto ateo de “Il Vangelo secondo Matteo”. Manca Pier Paolo. Manca un uomo vero, un gigante in questo tempo di nani.