Sanzioni pecuniarie amministrative per complessivi 2,6 milioni tra figure apicali, manager, consiglieri di amministrazione e componenti del collegio sindacale, attuali e di precedenti gestioni. È questa, secondo quanto risulta a Il Sole 24 Ore, la decisione assunta dalla Consob in due delibere approvate a metà settembre su una serie di violazioni contestate per eventi accaduti tra il 2014 e il 2016 a carico della Banca Popolare di Bari.
Il collegio ha stabilito che i provvedimenti, notificati ad almeno una ventina di persone,debbano essere pubblicati sul Bollettino dell’Autorità. Le sanzioni comminate alla banca come «responsabile in solido» ammontano a circa un milione sui 2,6 complessivi. I fatti per i quali sono state accertate le violazioni (articoli 21 e 94 del Tuf) riguardano le modalità di determinazione del prezzo degli aumenti di capitale (per complessivo valore di 330 milioni) varati dalla banca nel 2014 e nel 2015 e le omissioni di informazioni in merito a queste modalità presenti nei prospetti informativi. I passaggi più delicati, però, (che chiamano in causa oltre a board, collegio sindacale, il presidente Marco Jacobini e i manager Luigi e Gianluca Jacobini, ma anche l’ex dg Vincenzo De Bustis)riguardano la profilatura dei clienti, ai quali secondo l’Autorità sono stati venduti strumenti come titoli azionari, bond subordinati ma anche proposti finanziamenti baciati (finalizzati, cioè, all’acquisto delle azioni della stessa banca), nonostante la loro propensione del rischio in base alle normative vigenti al periodo risultasse bassa (a fine 2016 il 36,5% dei clienti, 29 mila, «presentava un portafoglio inadeguato»).
I fatti contestati in buona parte discendono da una verifica della Banca d’Italia, disposta nel 2016 anche per alcuni accertamenti condivisi con Consob. La vigilanza individua almeno 10 finanziamenti baciati: non sono vietati, ma l’Autority contesta il fatto che i soggetti ai quali sono stati proposti non presentassero un profilo di rischio adeguati.
Il cuore dell’istruttoria si concentra sulla gestione degli ordini di vendita dei titoli della Popolare di Bari, la cui compravendita sul mercato secondario fino a metà 2017 avveniva attraverso un sistema di negoziazione interno, su una piattaforma gestita dall’area finanza della banca. Oltre 200 esposti avevano segnalato, in particolare nel 2016, l’intervento tardivo della banca nell’inserire gli ordini di vendita delle azioni. Si evidenziano «errori operativi che hanno portato a non inserire ordini di vendita inviati per corrispondenza, posta elettronica o consegnati a mano», si legge. L’istruttoria rivela «carenze procedurali ed errori operativi» oltre alla «mancanza di presidi che assicurino la certezza della data di ricezione della disposizione di vendita» che non hanno consentito, con l’inserimento degli ordini ex post fatti dagli uffici, di rispettare la priorità temporale con la quale erano arrivati gli ordini.
«Tale circostanza – si legge – assume un particolare rilievo per quegli ordini che hanno trovato esecuzione successivamente alla delibera assembleare del 24 aprile 2016, che ha ridotto il prezzo dell’azione da 9,53 a 7,5 euro». Al riguardo la banca «ha riconosciuto a 5 clienti , per complessivi 41 mila euro, le perdite subite per la mancata esecuzione della vendita in aste antecedenti la diminuzione del prezzo azionario». Viene citato il caso della società di costruzioni Debar, che è riuscita a ottenere l’inserimento ex post di un ordine del valore di 4,1 milioni:?questo serviva a ridurre un finanziamento concessole dalla stessa Popolare di Bari per 5,15 milioni di euro.
La lentezza nell’esecuzione degli ordini si è manifestata quando migliaia di soci hanno cercato di liberarsi dei titoli. Il loro prezzo, nel 2014, era stato fissato a 9,53 euro (nell’aumento venne applicato uno sconto del 6%, attestandosi a 8,95 euro) senza informare gli investitori degli esiti della valutazione di Deloitte. La società di consulenza aveva usato tre metodologie per valutare la banca;?quella sul confronto rispetto ai multipli impliciti di altri aumenti di capitale aveva mostrato come il range di valore si attestasse tra 7 e 8 euro. Ma, osserva la Consob, di questo il cda non ha tenuto conto e nulla è stato indicato nei prospetti.
Un portavoce della Banca Popolare di Bari, commentando la vicenda, ritiene invece che la banca «non abbia commesso alcuna violazione della normativa di vigilanza e che tali considerazioni abbiano compiutamente rappresentato all’Autorità». Ritiene altresì che «la banca abbia subito un provvedimento sanzionatorio ingiusto a fronte di assetti tecnico/operativi già esaminati in passate ispezioni e, comunque noti alla Consob da molti anni e mai oggetto di rilievo, per cui l’intervento, oltre a essere infondato nel merito, è oggettivamente tardivo». (Fonte Il Sole 24ore)