TERAMO – Prosegue la XXIX edizione di Maggio.Fest, con il Cinema e i suoi “omaggi festeggianti”. MERCOLEDI’ 7 luglio alle ore 21.00, nella Sala 1 del Cinema Smeraldo di Teramo, per la rassegna “Alida, Giulietta e gli altri” verrà proiettato l’omaggio ad Alida Valli di Mimmo Verdesca, con il documentario “Alida”, del 2020, cui farà seguito il film che l’ha resa celebre, “Senso” di Luchino Visconti del 1954.

Alida Valli (Pola, 31 maggio 1921 – Roma, 22 aprile 2006) ha attraversato tutte le epoche del cinema italiano. Volto diafano dei “telefoni bianchi” negli anni ’30, nel decennio successivo diventa il simbolo del cinema cosiddetto calligrafico e letterario (i film di Mario Soldati tratti da celebri opere della letteratura dell’Ottocento) nonché diva hollywoodiana (ruolo a cui rinunciò per insofferenza verso le rigide regole del cinema americano). Tornata in Italia, si mise al servizio del grande cinema d’autore (Visconti e Antonioni negli anni ’50, Pontecorvo e Pasolini nei ’60, Zurlini e Bertolucci nei ’70) per diventare poi icona del film horror (Mario Bava, Dario Argento), in una rinnovata stagione di successi internazionali. Continuò a fare cinema fino al 2002, in Italia e all’estero, amata e ammirata dai cineasti più esigenti. Nel 1997 fu insignita del Leone d’Oro alla Carriera al Festival di Venezia e al suo nome furono intitolati premi (a Bari) e sale cinematografiche (il Valli di Pola).

Alida (Italia, 2020) di Mimmo Verdesca – Sc: M. Verdesca, Pierpaolo De Mejo – fot: Federico Annichiarico – mo: M. Verdesca – mus: Andrea Lucarelli – interpreti: Giovanna Mezzogiorno (voce narrante), Vanessa Redgrave, Charlotte Rampling, Bernardo Bertolucci, Dario Argento, Roberto Benigni, Piero Tosi – dur: 104’. Sinossi: La storia della leggendaria Alida Valli attraverso le parole inedite delle sue lettere e dei suoi diari, arricchendola di altri esclusivi materiali: le fotografie, le riprese private di famiglia, nuove interviste ai figli, ai parenti, agli amici e ai collaboratori più fedeli, e molto altro materiale d’archivio. un quadro completo e mai visto prima della vita di una giovane e bellissima ragazza di Pola che diventò in breve tempo una delle attrici più famose e amate del cinema italiano e internazionale.

“Quell’inconfondibile sguardo penetrante, il portamento fiero, nobile, che seduce e intimorisce. Alida Valli è stata soprattutto un’interprete precoce, dalla carriera imponente e notevolmente diversificata: oltre centotrenta crediti tra cinema e televisione raccolti tra il 1935 e il 2002 e molte stagioni teatrali. Ha attraversato il cinema disimpegnato dei telefoni bianchi, accettato nel dopoguerra la sfida linguistica del contratto hollywoodiano con Selznick (poi rescisso per spezzare quello status di “schiava pagata”, con una penale perché incinta sul set), a fianco di Hitchcock e dentro lo star system. Una cosmopolita del cinema, una curiosa, molto voluta anche in età non più verde da registi più giovani di lei: Pasolini, i due Bertolucci, Argento, Zurlini, Giordana. Una biografia davvero troppo tumultuosa per poter essere condensata nella misura di un film. Pur ricostruendo con rigore una filmografia composita, Mimmo Verdesca privilegia l’approccio sentimentale, identificando nel nipote di Valli, Pierpaolo, il tramite con il suo oggetto d’indagine e aprendo a interviste d’archivi tv diseguali e ricordi familiari ad alto tasso emotivo. Alida palpita d’amore romantico per un’icona un po’ fraintesa e dimenticata del Novecento, dalla grandezza tardivamente riconosciuta. Fornisce quindi una preziosa occasione di studio e riscoperta” (Raffella Giancristofaro, MyMovies.it, 15 maggio 2021)

Senso (Italia, 1954) di Luchino Visconti – Sc: Suso Cecchi D’Amico, L. Visconti (con la collaborazione di Carlo Alianello, Giorgio Bassani, Giorgio Prosperi, Paul Bowles, Tennessee Williams); fot: Aldo Graziati, Robert Krasker, Giuseppe Rotunno; mo: Mario Serandrei; mus: Anton Bruckner, Giuseppe Verdi – interpreti: Alida Valli, Farley Granger, Massimo Girotti, Rina Morelli – dur: 115’. Sinossi: Alla Fenice di Venezia, nel 1866, il patriota conte Ussoni sfida a duello il tenente austriaco Franz Mahler, che insulta gli italiani. Livia Serpieri, anch’ella di sentimenti antiaustriaci, avvicina Mahler per intercedere a favore del cugino Ussoni, e se ne innamora follemente.

“La grande passione di Visconti per il teatro è presente e influente in questo film più che altrove. La scelta del melodramma, l’interpretazione degli attori centellinata ed enfaticamente studiata, il tessuto musicale – da Il Trovatore di Verdi alla sinfonia n.7 di Bruckner – che scandisce la rappresentazione, rispondono alla scelta viscontiana di mescolare in modo coerente teatro e cinema, finzione e realtà, melodramma e realismo. E la già sopracitata prima scena si configurerà come una precisa dichiarazione d’intenti: una rappresentazione proto-teatrale, l’amore in nuce tra Livia e Franz, si amalgama al teatro vero e proprio che mette in scena un altro dramma di tormenti e gelosie, quello verdiano. Il cortocircuito realtà-finzione viene esplicitato dalla stessa Livia, quando Franz le chiederà se le piace l’opera, lei risponderà: “Non mi piace quando si svolge fuori scena, non è che ci si possa comportare come un eroe da melodramma”. La cinepresa nel palcoscenico della Fenice ci fa immergere nel punto di vista degli spettatori/popolo che assistono passivi alla vigilia della battaglia di Custoza, all’incedere prepotente della storia. L’elemento trasgressivo – già presente in Visconti – la passione adultera e viscerale che devia Livia si fa espediente per parlare d’altro, quel tradimento da parte delle classi nobili di fronte ai bisogni del popolo italiano, che gli accenti melò sviscerano nei suoi aspetti più torbidi e irrazionali. Eros e thanatos traghetteranno questi due antieroi nella loro parabola di abiezione. Nessun finale consolatorio, ma resa lucida alla corruttibilità del reale”. (Francesca D’Ettore, Ondacinema.it)

GIOVEDI’ 8 luglio, sempre al Cinema Smeraldo con inizio alle 21, sarà proiettato “Giulietta degli spiriti”, quale omaggio a Giulietta Masina e Federico Fellini che ha diretto la moglie nel celebre film del 1965. A seguire, ancora un omaggio ad Alida Valli con “Il grido”, diretto di Michelangelo Antonioni del 1957.

“Giulietta degli spiriti” (Italia/Francia, 1965) di Federico Fellini – Sc: F. Fellini, Tullio Pinelli, Ennio Flaiano, Brunello Rondi; fot: Gianni Di Venanzo; mo: Ruggero Mastroianni; mo: Nino Rota – interpreti: Giulietta Masina, Sandra Milo, Sylva Koscina, Mario Pisu, Valentina Cortese, Caterina Boratto, Milena Vukotic – dur: 137’. Sinossi: Una signora della borghesia romana, tradita dal marito, vede andare in frantumi le certezze su cui era fondata la sua esistenza.

“Se La dolce vita fu definito l’Inferno di Fellini, e Otto e mezzo il Purgatorio, allora Giulietta degli spiriti è chiaramente il Paradiso, se non suo, certo della moglie. (…) Il film, come Otto e mezzo, rigetta implicitamente l’Arte in quanto Risposta. L’unica consolazione di Fellini sembra essere una misteriosa nostalgia per qualche passato non messo a fuoco. Nel suo primo lungometraggio a colori, Fellini ha immerso lo schermo di tinte rosso vivo per esprimere sensualità, bianchi pallidi per la purezza e neri opachi per il peccato secondo la concezione repressiva della Chiesa (…). Come molti altri film del nostro tempo, approda ad un abbagliante vicolo cieco, e penso a L’anno scorso a Marienbad di Resnais, Una donna sposata di Godard, A proposito di tutte queste signore di Bergman e Deserto rosso di Antonioni. Sono tutti film che poggiano quasi interamente sulla personalità dei registi, senza alcun nucleo drammatico: non credo sia questa la direzione verso cui il cinema possa andare”. (Andrew Sarris, The Village Voice, 18 novembre 1965).

“Il grido” (Italia, 1957) di Michelangelo Antonioni – Sc: M. Antonioni, Elio Bartolini, Ennio De Concini; fot: Gianni Di Venanzo; mo: Eraldo Da Roma; mus: Giovanni Fusco – interpreti: Steve Cochran, Alida Valli, Betsy Blair, Gaetano Matteucci, Gabriella Pallotta, Dorian Gray – dur: 116’. Sinossi: L’operaio Aldo convive con Irma, il cui marito è emigrato da molti anni all’estero, e con lei ha avuto una bambina. Quando giunge la notizia della morte del marito, Aldo vorrebbe sposarla, ma lei confessa di non amarlo più e di avere da tempo una relazione con un altro uomo. Incapace di sopportare il terribile colpo, Aldo lascia il lavoro ed il paese e, accompagnato dalla bambina, comincia un vagabondaggio alla ricerca di un lavoro e di una nuova vita.

“Sarebbe sbagliato dire che in un film di Antonioni non succede nulla. In realtà è esattamente l’opposto. Antonioni non ripete mai un’azione e si dilata nel tempo, lasciando allo spettatore proprio l’impressione di un’azione assai evidente. Per paradosso, mostra situazioni pazzescamente ricche di dettagli, dettagli spesso impercettibili, discreti, ma che contribuiscono sempre a far avanzare “l’azione”. E l’azione è sempre legata alla naturale progressione dei personaggi. Con Il grido siamo già, indubbiamente, agli albori dell’incomunicabilità, ma i personaggi non rinunciano a cercare di capirsi: non smettono mai di interrogarsi, di guardarsi, di insultarsi, di opporsi agli altri. L’incomunicabilità qui consiste soprattutto nell’impossibilità, per Aldo, di capire le donne che lo circondano. Non un solo piano è statico. I panorami costruiscono inquadrature all’interno dell’inquadratura, come un ritaglio fluido. I personaggi operano così una danza davanti alla macchina da presa, dove tutto combacia sempre perfettamente al millimetro. È come filmare gli uccelli nel bel mezzo di un corteggiamento. Ogni due o tre secondi, giunge una nuova informazione, una nuova immagine, che si svela e che perpetua la marcia che sappiamo sempre fatale”. (Limguela Raumeneon, La Saveur des goûts amers, 20 giugno 2015)

Giulietta Masina (San Giorgio di Piano, 22 febbraio 1921 – Roma, 23 marzo 1994) ha legato il suo nome soprattutto ai personaggi indimenticabili di suo marito Federico Fellini (Gelsomina, Cabiria, Giulietta, Ginger), ma ha recitato nei film dei maggiori registi italiani (Rossellini, Lattuada, Comencini, Lizzani, De Filippo, Castellani, Bianchi, Citti, Wertmüller) e anche all’estero (Duvivier, Huston, Jakubisko, Bertuccelli) fino al 1991. Premiata a Cannes e San Sebastian nel 1957, ha ricevuto tre David di Donatello, quattro Nastri d’Argento e un Globo d’Oro. È uno dei volti italiani più noti al mondo, a cui, anche al di fuori del cinema, sono stati resi omaggi (canzoni, fumetti, poesie).

Gianni Di Venanzo (Teramo, 18 dicembre 1920 – Roma, 3 gennaio 1966) è stato uno dei più importanti direttori della fotografia di sempre. Un gigante della luce che rinnovò profondamente la concezione dell’immagine cinematografica, svelando anche il nuovo volto della società italiana del dopoguerra, lucente, frivola e sconsolata. Nella sua breve vita, diede il giusto smalto alle visioni dei Maestri (Fellini, Antonioni) segnando inconfondibilmente il gusto estetico del cinema italiano (Monicelli, Zurlini, Rosi, Pietrangeli, Comencini, Lizzani, Petri, Maselli e persino Camerini e Mattoli, Fulci e Wertmüller). Firmò il più bel bianco e nero moderno (Salvatore Giuliano; L’eclisse; Otto e mezzo; La ragazza di Bube; I basilischi), prima di sperimentare alla grande il colore (il vertice è Giulietta degli spiriti). Anche i cineasti internazionali (Cavalcanti, Losey, Mankiewicz) si avvalsero del suo genio.

Federico Fellini (Rimini, 20 gennaio 1920 – Roma, 31 ottobre 1993) non ha bisogno di presentazioni. L’aggettivo “felliniano” è in tutti i dizionari della Terra. I titoli dei suoi film sono entrati nel linguaggio corrente mondiale (I vitelloni; La dolce vita; Otto e mezzo; Amarcord), così come alcuni termini degli stessi (paparazzi). Anita Ekberg che fa il bagno nella fontana di Trevi è una delle più potenti e note icone del Novecento. La sua Rimini è un luogo della mente, un vero e proprio topos del ricordo, della nostalgia, della giovinezza e dei personaggi buffi. Anche la sua Roma, spesso riscostruita in studio, a Cinecittà, ha reinventato l’Urbe. Con i suoi film ha nobilitato il circo, i maghi, i telepati e i prestigiatori, ha sprigionato i fantasmi, compresi quelli d’amore (Gradisca, Saraghina e le altre). È il primo cineasta a dichiarare guerra, nei suoi ultimi film (Ginger e Fred; La voce della luna), a Berlusconi.

La rassegna è curata e presentata da Leonardo Persia.