TERAMO – Le vicende che in questi ultimi giorni stanno interessando ponte San Gabriele non sono che un’ulteriore conferma, se mai ce ne fosse stato bisogno, del pressapochismo politico e amministrativo che in questi quattro anni e mezzo è stato la vera caratterizzante dell’esecutivo D’Alberto. Un arco di tempo durante il quale non solo si è assistito, di fatto, all’apertura di zero cantieri di una qualche rilevanza ma è stata chiara anche la mancata consapevolezza che davanti ad interventi importanti e impattanti occorrono una sensibilità e un’attenzione molto differenti rispetto a quelle che invece vengono richieste per chiudere una semplice buca. E’ quindi perfino superfluo stare qui a sottolineare come l’intervento su ponte San Gabriele – posto che i lavori vengono effettuati dall’Anas e non dal Comune – necessitasse di un’ attenzione alta da parte dell’amministrazione e non quella a colpi di sollecitazioni per poter riaprire il prima possibile il ponte al transito quanto per riaprirlo nelle migliori condizioni possibili. Del resto è chiaro che quando un Comune autorizza l’apertura di un cantiere Anas ne valuta il progetto prima di arrivare all’assenso, così come è poi compito della parte tecnica valutare i lavori che si stanno portando avanti e, nel caso si nutrano delle perplessità, dettare delle prescrizioni. Nel caso specifico, invece, l’amministrazione comunale ha chiesto ripetutamente all’Anas solo di velocizzare al massimo i tempi dell’intervento della riasfaltatura e quindi della riapertura del ponte senza che i giunti tecnici tra le campate fossero stati ancora riposizionati. Cosa, questa, che si dovrà provvedere a fare ora “tagliando” l’asfalto realizzato. Quindi, a ben vedere, il problema oggettivo non era stato risolto dalle pungolature del Sindaco e dell’Assessore ai Lavori pubblici: le pungolature erano utili solo alla velocizzazione della riapertura che era quanto più premeva all’esecutivo D’Alberto perché rappresentava la parte più comoda, quella “d’immagine”, che assicurava visibilità e passerelle, funzionale a interviste e foto di rito. Da qui il marchio di pressapochismo politico e amministrativo che l’amministrazione merita. Lo stesso pressapochismo che ha guidato, malissimo, anche la vicenda surreale della delocalizzazione della “centrale” della Cona: un progetto cambiato in corso d’opera, supportato da un finanziamento europeo di 2,7 milioni di euro perché consentisse la delocalizzazione della impattante cabina di trasformazione primaria. Delocalizzazione significa spostare in un’altra zona, così come inizialmente previsto, e non il grottesco “attraversamento” della strada con la “centrale” che si è spostata sull’altro lato accompagnata da tutta una serie di criticità e di polemiche da parte dei residenti e delle sensibilità più attente al problema. Se ancora non bastasse, a testimoniare il pressapochismo alla D’Alberto maniera c’è anche il “caso” dello sadio comunale di Piano D’Accio, a proposito del quale è utile ricordare che il Comune resta comunque proprietario dell’impianto, fermo restando la concessione e il fatto che ora lo stadio conti un gestore: un aspetto, questo, che si sarebbe potuto, e dovuto, far valere anche a costo di uno stop all’attività dell’impianto ma in funzione di un obiettivo chiaro a cui arrivare. Perché diciamocelo, senza entrare nel merito più strettamente calcistico, ma dal glorioso 1913 in poi quando mai si è visto giocare la squadra cittadina nel campo sportivo di Montorio? Altri tasselli di pressapochismo potrebbero ancora essere aggiunti ma il quadro di una pesante insipienza politico amministrativa è già qui, sotto gli occhi e il giudizio dei teramani.
Mario Cozzi
Capogruppo consiliare Forza Italia