Dignità è la parola chiave. Invece una parodia del Battesimo, spalleggiata dai responsabili Rai dell’evento, in nome della libertà artistica, ha aperto il più importante festival della canzone italiana. Una pessima provocazione per un evento importante che intrattiene milioni di famiglie.  Che è diventata però – come ho scritto ieri – una grande opportunità offerta per riflettere sul sacramento del Battesimo, festeggiato solo quando viene celebrato, poi dimenticato. Che invece – come dice Ravasi – “veste di immortalità ed è il più bello dei doni di Dio”. È un vuoto a perdere il reuccio nudo Achille Lauro. Lo pseudo blasfemo che si auto battezza, ma solo in nome del dio denaro e di san share. Un cantante della Domenica il nostro tallone d’Achille, capotribù di una generazione che in scena si spoglia per poi farsi rivestire, fuori, da stilisti di grido e lookologi di strada. È tutto un visto e rivisto, un copia incolla di Renato Zero, David Bowie, Mick Jagger.

Dignità è la parola chiave. Invece il signor Lauro De Marinis,   più titolare della “De Marinis Mgmt S.r.l” che cantante, se si fosse presentato vestito e non avesse fatto quella messinscena di cattivo gusto, oggi parleremmo soltanto di quanto la sua canzone sia una copia di Rolls Royce, nota e brutta canzone, oltre che pasticca di ecstasy .  Cosa del tutto normale per il sig. De Marinis, un povero ragazzo che magari sta cercando Dio a suo modo, che certamenteo non è solo ossessionato da dio, ma è abbondantemente orientato sulle sostanze psicotrope.  Mahmood e Blanco sbancheranno trasformandosi in Al Bano e Romina. E vinceranno il festival. In sordina. Solo per un bacio. Tanto per dire “siamo alla moda, stiamo al gioco”. La regola è che chi più appare, meno c’è.

Dignità è la parola chiave. Invece è tutto un visto e rivisto oramai monotematico con il suo “anti clericalismo mediatico”, una alluvione di messaggi e spot anti  religiosi che ai diversi livelli entrano nelle nostre case attraverso i mezzi di comunicazione di massa.  Da tempo, troppo tempo,  i messaggi contro la religione cattolica hanno occupato svariati spazi nelle reti radio-televisive nazionali e in quelle private, collocando i suoi “esperti” e “cardinali laici” sul banco dei bravi e buoni, nei più diversi programmi, da quelli di intrattenimento  tipo Sanremo a quelli politici. Per non parlare di quelli culturali. Soprattutto nella pseudo Tv di Stato i grandi comunicatori “laici” hanno i loro spazi riservati per sputare contro i valori, contro il crocefisso, contro la Chiesa, contro il Papa, contro il Natale, contro la religione, contro chi crede, contro i sacramenti. Contro comunione e  battesimo. E, naturalmente, contro “i bigotti” come me. Come fa ieri un cocainomane noto per i suoi debiti quanto per i suoi trascorsi – da sposato con figli – con le puttane rumene e ascolane al Gattopardo. Un poveretto che mi fa pena e tanta compassione, perchè non ha nulla da fare, e vive sui social confondendo la realtà con finzione. Perché la parola dignità non è nel suo vocabolario ne nella sua storia di uomo che ha sempre strisciato.

Dignità è la parola chiave. Invece questi loschi individui foschi, nelle tenebre della loro gretta ignoranza, facendosi forza sulla tristezza del momento, quando lo ritengono opportuno, quasi avessero il diritto alle reti unificate, arringano i cittadini italiani con idee e argomentazioni varie ben confuse: l’ultima è  mettere tutto in forma di barzelletta. Dio non c’è e se c’è è inutile.  E così ogni occasione è buona per risvegliare i cittadini e aiutarli a “liberarsi” dall’ingombrante presenza di Dio. E allora, ecco che un fiume di parole scende dai massimi vertici della Rai fino agli idioti di complemento della stampa  ben rappresentati da giornalisti in vendita per  30 lenticchie, passando per i colonnelli del mercantilismo televisivo dove tutto è in euro, e solo gli euro contano, fino agli imbonitori dei giovani come il cantante che cerca invano di  copiare Renato Zero .

Dignità è la parola chiave. Invece ecco che anche a Sanremo il monarca  dai facili slogan del “tutto è moneta” richiama i sudditi mentre i baroni spiegano nei diversi linguaggi, che per essere efficaci ai vari livelli culturali bisogna essere “laici”. Liberi. Liberi soprattutto da Dio. Così come a Sanremo dove occorre spogliarsi, benedirsi, offendere la religione, irridere chi crede. Dignità è la parola chiave secondo il Presidente Mattarella. Invece Sanremo.