CIVITELLA DEL TRONTO – Un’atmosfera intima, delicata ed elegante ha avvolto gli spettatori che, per circa due ore mercoledì sera hanno goduto della presenza unica di Carla Fracci nella splendida cornice dello Skydome di Civitella del Tronto per Civitella Light and Sound, il progetto di ACS Abruzzo e Molise Circuito Spettacolo per Abruzzo dal Vivo.
L’icona della danza, insieme al regista e compagno di vita Beppe Menegatti, al poliedrico coreografo Fredy Franzutti nelle vesti di intervistatore, hanno dato vita ad un salotto in cui la vita e le vicende personali e professionali di Carla Fracci hanno dipinto quadri di una vita intensa e di grande lavoro che parte da origini semplici.
“Ricordo l’infanzia nella casa di campagna con la nonna, una vita semplice, in cui si andava a dormire dopo aver giocato nella stalla con gli animali, la natura era una presenza centrale nella mia vita, e nei primi tempi di studio della danza quella natura mi è molto mancata, tanto che a volte ho saltato delle lezioni per andare a cogliere fiori nei prati” dice l’étoile, raccontando l’incontro con la danza.
“Perché all’inizio degli studi alla Scuola di Ballo del Teatro alla Scala la danza era una noia – continua Fracci – credevo di andare a imparare a ballare il tango come facevo con papà, invece mi sono ritrovata alla sbarra in prima posizione, quella sbarra che poi mi ha accompagnato tutta la vita come una amica fedele, ma che inizialmente sentivo come una costrizione”.
L’ètoile aggiunge: “Poi un giorno ho visto ballare Margot Fonteyn una ballerina straordinaria, ed allora si è accesa una scintilla, una scintilla che è divenuta fuoco e che non mi ha più abbandonato e dunque ho scelto di impegnarmi a fondo, ero la prima ad arrivare e l’ultima ad andare via, e poi ho continuato a cercare di migliorarmi, sempre, in qualunque città mi trovassi per lavoro ho sempre cercato un bravo insegnante che potesse correggere i miei difetti, e così mi sono trovata a studiare con altri ballerini straordinari, tutti alla ricerca di miglioramento, perché ogni grande ballerino è frutto di una costante ricerca di errori da correggere.”
Ma la danza non è solo perfezione dei movimenti, gambe e braccia “ai giovani ho sempre cercato di far capire in tutta la mia vita che la tecnica non è tutto, la testa, il cuore, le emozioni e l’interpretazione fanno di un ballerino un grande danzatore.” E la Nostra di testa e cuore ne aveva da vendere: Beppe Menegatti, nel raccontare degli esordi della “Fraccina”, che lui ha conosciuto fin dai tempi della Scuola di ballo della Scala racconta della grande personalità di questa giovane ragazza “che debuttò in una Giselle alla Scala e non come si legge nelle biografie a Londra” si emoziona parlando di una donna forte “che, in tempi in cui le danzatrici non avevano figli, ebbe il coraggio di diventare madre e che poi ha portato nostro figlio con sé ovunque nel mondo non lasciandolo mai”.
Un incommensurabile amore per l’arte tersicorea di Carla Fracci ha segnato tutta la sua carriera, un amore che in Italia si è concretizzato in quello che spiega essere il progetto di decentramento “la volontà di portare la danza di grande livello anche nei piccoli centri, in teatri periferici, a un pubblico e a territori che non avrebbero avuto la possibilità di assistere ad uno spettacolo alla Scala o in altri grandi teatri, un progetto che ho portato avanti anche quando mal si conciliava con i miei impegni internazionali. Sono stata figlia di un tranviere e di una operaia della Innocenti: andavo a cercare la gente, volevo che tutti conoscessero il balletto”.
Un velo di tristezza ha segnato lo sguardo limpido della Fracci quando ha però sottolineato come nella danza non sia tutto bello, elegante, piacevole “troppi sono i grandi Teatri che stanno eliminando i loro corpi di ballo, Torino Firenze, Genova e tanti altri che non sto ad elencare, tagliano le compagnie stabili e questo è gravissimo, la danza è un’arte nobile e deve essere salvaguardata”.
Le parole e i racconti di Menegatti e della Fracci sono stati intervallati dai brani poetici di D’Annunzio e Leopardi recitati da un ottimo Andrea Sirianni, mentre a conclusione dell’incontro la regina della danza si è alzata ad applaudire l’esibizione emozionante della splendida ballerina solista del Balletto del Sud Nuria Salado Fustè ne “La morte del cigno”.