L’AQUILA – “L’ipotesi di vendita di acqua alla Puglia che ciclicamente si ripresenta sotto forma di studio accademico va chiarita una volta per tutte e vanno acquisiti tutti gli elementi per capire perché ciò accade, se ci sono sponde in seno alla Regione Abruzzo e ai suoi organi che lo consentono e perché. Per questa ragione ho richiesto l’accesso agli atti della Commissione Consiliare d’inchiesta sul sistema idrico e sui cambiamenti climatici in Regione Abruzzo cessata nel 2023, che ha trattato la situazione dell’emergenza in modo ampio e approfondito e che è arrivata dopo l’ultimo studio sulla captazione delle acque del Tirino avvenuto nel 2020. Indispensabile capire cosa e se è emerso qualcosa a riguardo dalle indagini e dalle tante sedute portate avanti, in modo da sventare una volta per tutte un’ipotesi dannosa e controproducente per l’Abruzzo e per la grande fetta di economia che si poggia proprio sull’acqua a cui la Puglia è interessata”, annuncia il consigliere regionale PD Antonio Di Marco.

Il no all’operazione, già fallita nel 2001/2003 e nel 2020 è arrivato anche stavolta dalla Presidenza del Consiglio e dalla Giunta, ma perché sia forte e chiaro, forse è bene che sia il Consiglio e sia la Giunta siano informati sulle conseguenze che la sottrazione di 5.000 litri al secondo comporterebbero alla nostra regione, cosa che chi ha appoggiato tale eventualità, forse non ha ben presente – rincalza Di Marco – . Così, oltre all’accesso agli atti, chiederò formalmente che la dirigenza ACA venga sentita in seno alla Commissione vigilanza, perché spieghino che la vendita non peggiorerebbe soltanto l’emergenza che mette già in ginocchio gran parte dei nostri territori, ma che togliere acqua al Tirino e all’Abruzzo, significa ridurre anche la nostra capacità di produzione di energia, mettendo in seria difficoltà la vita di alcuni stabilimenti che sull’acqua fondano la propria linea produttiva, come Burgo e Chimica Bussi, fra le maggiori realtà presenti nel territorio. Va fatta chiarezza perché quella che viene derubricata come “nuovo studio di fattibilità che non avrà alcun seguito”, pur se costato 100mila euro a chi lo ha commissionato, esca dalla porta definitivamente e trovi tutte le finestre chiuse, semmai dovesse tentare il terzo ulteriore rientro”.