“Chiedo più umanità” dice don Vinicio Albanese presidente della Comunità di Capodarco che da Civitanova dista pochi chilometri . Più umanità. In un appello che ricorda quello di Egidia Beretta mamma di Vittorio Vik Arrigoni, giovane pacifista ucciso a Gaza che davanti al desiderio di vendetta per l’uccisione del figlio gridò “Restiamo umani”. Più umanità. Solo più umanità. Più umanità. Solo più umanità. Ma qualche bestia feroce è stato capace di essere contro anche questo. E mi scuso con le bestie. Perché nessuna bestia, se non affamata, è feroce. Eppure una stampa infame e l’ignoranza massimalista dei social ha deviato anche questo appello.
“We need justice”. Abbiamo bisogno di giustizia. È gridando queste parole che la folta comunità nigeriana, perfettamente inserita nel maceratese, manifesta in strada a Civitanova Marche, dove Alika – incensurato, in possesso di permesso di soggiorno, sposato e con un figlio piccolo, che rubava il lavoro agli italiani vendendo accendini e fazzoletti – è stato ucciso dopo essere stato picchiato in pieno centro, davanti a tanti testimoni che hanno ripreso la scena senza però intervenire. Qualche giovane bianco. Pochi. Operai, agricoltori, stagionali del turismo. Più di 100 persone guidate dal pastore evangelico con la foto della vittima. Sul luogo del delitto qualcuno ha deposto mazzi di fiori. Su uno c’è una dedica: “Mi vergogno per chi ti ha fatto questo levandoti la vita, per chi ti ha filmato mentre venivi massacrato”. Dopo l’attentato di Luca Traini (2018), siamo all’ennesimo caso simile.
Certo, intervenire per fermare l’aggressione in certi momenti è difficile. Capire cosa fare è molto difficile. Certo la paura è un atteggiamento naturale. Fateci caso, nel riflettere, però, a scomparire è la vittima: i pensieri che si fanno sembrano più utili a cercare di scacciare i sensi di colpa che a cercare di capire davvero come e perché una cosa del genere sia potuta succedere. “C’è stata una reazione abnorme” dice la questura. I video registrati dai testimoni non lasciano molti dubbi sulla dinamica del delitto. Quattro minuti di pestaggio. 4 lunghi minuti. Sono lunghi 4 minuti. Il sentiero giudiziario, per il resto, appare già tracciato, nella sua tragica semplicità.
Coglieremo questa occasione per riflettere sulla rabbia, la violenza, il disprezzo e l’indifferenza che avvelenano ogni spazio ed ogni tempo e contaminano le nostre azioni e il nostro vivere in comune. O siamo già rassegnati a tutto questo. La ferocia inaudita, l’indifferenza diffusa ha giustificazioni? Anche questa volta passeremo oltre e dimenticheremo? Quanto accaduto non fa solo male, fa anche paura. Fa male per la morte di un innocente, fa paura per la violenza dell’assassino. Fa male anche per l’indifferenza generale La disumanità non può e non deve avere cittadinanza. Non basta chiedere giustizia e una pena esemplare, serve ricostruire un linguaggio e una cultura. Come scrive Luigi Ciotti “Il male non è solo di chi lo commette, ma anche di chi volge lo sguardo altrove” Il male si nutre da sempre di un combinato di crudeltà e malvagità, d’indifferenza e di viltà: le prime due riguardano gli autori del male, le seconde gli spettatori.