Il corpo di Gesù, dopo la crocifissione, fu avvolto in un sudario e posto in un sepolcro scavato nella roccia. A ricordarlo ieri sera, nella via Crucis in tempo di covid, è un immenso Papa Francesco che si fa, ancora una volta, unico interprete e unico testimone credibile del tempo che viviamo.

Il  sabato santo rappresenta, la giornata più umana e “fragile” possibile. È il giorno in cui Gesù  dopo le sofferenze e i patimenti del corpo e dell’anima, dopo essersi offerto come Agnello sacrificale per salvare l’umanità dal male, dal peccato è morto nel sepolcro . Eppure è proprio dal sepolcro  che il Signore annuncia la grandezza di quanto solo domani, Domenica, verrà ricordato e riaffermato: Dio ha mandato il Figlio per testimoniare la grandezza del Paradiso e la vittoria eterna sulla morte, il tutto tramite la Resurrezione di corpo e anima in quel Santo Sepolcro lasciato vuoto. Una luce autentica che emerge dalle tenebre del sottosuolo, dalla tristezza per una condizione umana che sembra “fregata” per sempre da dolore, morte e in questi ultimi 12 mesi anche dalla “croce” di pandemia e lockdown: la Chiesa ha “qualcosa” da dire – anzi, ha Qualcuno da annunciare – che anche nella Via Crucis più dolorosa possa riaffermare la presenza del bene e di quel “centuplo quaggiù” che salvi il cuore tormentato dell’uomo.

Una macchina scenica perfetta. Espressione di una potenza mediatica e spirituale senza pari .Un teatro liturgico,  iconografico, narrativo, unico. Tutto per celebrare Cristo che accetta la croce. E dire al mondo “Questo è il tempo della speranza”.

Anche in un Paese “stanco”, “incerto”, “svogliato”, con “poche idee” che vive tra sentimenti di “paura e pessimismo”, in molte zone “cattivo”, inteso come istinto di difendere il proprio spazio avvertendo gli altri come un’insidia. In questo quadro non proprio incoraggiante dipinto dal Censis, ecco che Papa Francesco nel Venerdì santo della passione, torna a parlare di speranza. Arrivano momenti nella storia dei popoli nei quali le parole non solo sono importanti ma addirittura vitali. Lui lo sa. Sa che “Questo è il tempo della speranza”.

Ma che dice questo Papa, che abbraccia i poveri, che parla ai diseredati, che prega e invoca misericordia per gli ultimi della terra ? Ma che dice questo Papa, mentre abbiamo la sensazione di muoverci come a tentoni dentro un presente del quale sfuggono i tratti autentici e mancano certezze ? Politica, economia, lavoro, il domani nostro e dei nostri figli sembrano avvolti da un futuro sfumato. Dov’è allora “il tempo della speranza”? Tra tanta domande, timori, tanta inquietudine dov’è la rotta che ci guida fuori dal deserto ? In un contesto di individualismo esasperato, in un quotidiano frenetico, tra cittadini disorientati che fanno fatica, dov’è “il tempo della speranza” ?

Dov’è Dio ? Dov’è quando va tutto storto? Perché non ci risolve in fretta i problemi? Come si può parlare di speranza davanti a tanto dolore e tanti morti. Dio è nel figlio morto sulla croce. Il Figlio che non punta il dito contro qualcuno, neppure contro coloro che lo stanno crocifiggendo, colui che spalanca le braccia a tutti; che non ci ama a parole, ma ci dà la vita in silenzio; che non ci costringe, ma ci libera; che non ci tratta da estranei, ma prende su di sé il nostro male, prende su si sé i nostri peccati.

Dio, e la speranza sono nel mistero della resurrezione, centro della fede di tutti i cristiani, che verrà celebrata domani nella Pasqua. E questa non è un’illusione, perché la resurrezione del Cristo non è un’illusione, è verità. Con Lui possiamo davvero confidare che tutto andrà bene. Ecco perché domani mattina, domenica di Pasqua, Francesco tornerà ad invitarci: ‘Non abbiate paura!'”. La speranza è in Lui che a Pasqua ha guarito il nostro peccato col suo perdono, che ha cambiato la nostra paura in fiducia, la nostra angoscia in speranza.

E’ Lui la speranza.

 

Leo Nodari