Mi ha colpito questa affermazione che sembra mettere in correlazione una escalation epidemica con la necessità che, al fine di fronteggiarla, tutto debba essere affidato a qualcuno che si prenda cura di accentrare su di sé ogni decisione che, così, sarà estremamente rapida e, dunque, efficace.
Viktor Orban ha iniziato questa operazione di “dimagrimento delle libertà democratiche” esautorando, di fatto, il Parlamento di Budapest, dallo svolgimento delle sue funzioni istituzionali, ma seguìto, sembra, da altri Paesi dell’Europa Orientale come la Polonia e la Repubblica Ceca.
Stiamo allora assistendo ad una curiosa involuzione. Chi ha qualche anno, ricorderà che queste tre nazioni, insieme alla Romania, alla Bulgaria, alla Slovacchia (divisasi dalla Repubblica Ceca) e la Germania dell’Est (Repubblica Democratica Tedesca) rappresentavano un blocco di Paesi che, a seguito del cosiddetto Patto di Varsavia, esercitavano il ruolo di satelliti “fedeli” all’ l’URSS (Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche) ed oppositori nei confronti dei cosiddetti Paesi non allineati e revisionisti (la ex Jugoslavia) o filo-maoisti (L’Albania).
Cosa ci insegna la Storia di quei Paesi? Che le popolazioni vivevano succubi delle disposizioni liberticide che imperversavano in quelle nazioni e, non appena potettero mobilitarsi per cercare di smantellare quei governi che erano fortemente dipendenti da Mosca, intrapresero delle insurrezioni che però vennero soffocate nel sangue, ad opera del “Paese fratello della Unione Sovietica”.
Infatti i russi entrarono in forza nella capitale ungherese con i carri armati nel 1956, legittimati proprio dal fatto che determinate popolazioni insorte erano controrivoluzionarie in quanto non rispettose del Patto di Varsavia.
La stessa operazione finalizzata alla “normalizzazione” di un Paese satellite in fermento, l’URSS la esercitò contro l’allora Cecoslovacchia dodici anni dopo.
Anche in quella circostanza i russi entrarono con i carri armati nella Capitale Praga, spegnendo ogni anelito di libertà e annullando la cosiddetta “primavera” che consisteva nella decisione di quel Parlamento di acconsentire alla divisione tra la Repubblica Ceca e la Slovacchia, oltre a permettere un sistema più liberale, attraverso la concessione della libertà di stampa ed altre forme di pluralismo, di cui si rese artefice il premier Alexander Dubcek.
A cosa, curiosamente, assistiamo oggi? Che quelle aggressioni contro delle libertà concesse, furono ad opera del “Blocco di Varsavia” (URSS e Paesi satelliti) e quindi su iniziativa di un sistema socialista. Le medesime decisioni liberticide oggi vedono artefici le forze di estrema destra, sovraniste e populiste.
Oggi, come allora, assistiamo a delle “scelte” compiute da popolazioni impaurite per una minaccia incombente che allora si chiamava l’URSS ed oggi si chiama covid-19.
Cittadini europei, che quindi condividono con noi la decisione di essere guidati dal Parlamento di Bruxelles sono disposti a privarsi dei loro diritti fondamentali come l’esercizio delle libertà individuali, che solo fino al 1989 (la caduta del Muro di Berlino) tanto avevano desiderato, guardando i Paesi dell’Europa Occidentale con invidia in quanto ne disponevano.
Covid- 19, in brevissimo tempo, ha certamente inferto un duro colpo al sistema dei liberi parlamenti dei 27 Stati dell’Unione, nel senso che questa epidemia è stata strumentalmente usata perché forme dittatoriali, con deboli mascherature democratiche, tornino ad imperare nel centro dell’Europa.
di Ernesto Albanello