Vengo dal passato remoto, dagli anni 60 del secolo passato, un’epoca in cui babbo Natale non era ancora arrivato con la slitta. Conoscevo soltanto il bambino Gesù. Erano tempi di fede ingenua e profonda che dava forma a tutti i particolari della vita. Per noi bambini, il Natale era il punto forte dell’anno, preparato e aspettato con ansia. Finalmente veniva il bambino Gesù con il suo asinello a portarci i doni.
A casa mia c’era un alberello, un pino, da addobbare. Si adoperava carta colorata, cellophane e disegni che noi facevamo a scuola. La mamma faceva pane al miele e figure umane e di animaletti che venivano appesi ai rami dell’albero. Sulla cima c’era sempre una stella grande rivestita di carta rossa. In basso, e intorno all’albero, si montava il presepio, fatto con ritagli di carta. Lì stavano San Giuseppe, Maria, tutta raccolta, i re Magi, i pastori, le pecorelle, e pure l’asinello e alcuni cani, gli angeli cantori che noi appendevamo ai rami bassi dell’albero e, naturalmente, al centro, il bambino Gesù: vedendolo quasi nudo noi immaginavamo che stesse battendo i denti dal freddo e così eravamo tutti pieni di compassione. Vivevamo il tempo glorioso del mito.
Il mito traduce meglio la verità che la pura e semplice descrizione storica. Come parlare di un Dio che si fa bambino, del mistero dell’essere umano, della sua salvezza, del bene e del male se non contando storie, proiettando miti che rivelano il senso profondo degli eventi? I racconti della nascita di Gesù contenuti nei Vangeli, contengono elementi storici, ma per enfatizzare il loro significato religioso, vengono rivestiti di linguaggi mitologici e simbolici. Per noi bambini tutto questo era una verità che accettavamo con entusiasmo. Oggi viviamo nei tempi della ragione e della demistificazione. Ma tutto questo vale soltanto per noi adulti. I bambini, sia pure con Babbo Natale, e non più con Gesù, vivono nel mondo incantato dei sogni. Il buon vecchietto sponsorizzato da Apple che porta regali a comando.
Se noi adulti , figli della critica e della demitizzazione, non riusciamo più a rimanere incantati, permettiamo che i nostri figli e figlie restino incantati e gustino il regno magico della fantasia. La loro esistenza sarà piena di senso di allegria. “Che vogliamo più di ogni altra cosa dal Natale se non questi doni preziosi che Gesù ha voluto portare in questo mondo?”
Per uscire da questa situazione non sono sufficienti appelli etici e religiosi, molto meno la semplice buona volontà. Si tratta di un problema metafisico, cioè di un modo di vedere e pensare la realtà. Siamo montati su un treno che corre veloce sui binari che portano in luoghi che ignoriamo, e non sappiamo come fermarlo. Ed esso sta andando incontro a un abisso là davanti.
Dove andiamo? È in questo contesto di indagini che Heidegger ha pronunciato la famosa e profetica sentenza: “La filosofia non potrà realizzare direttamente nessun cambiamento dell’attuale situazione del mondo. Solamente Dio ci può salvare (Nur noch ein Gott kann uns retten)”. Questa frase non viene da un qualche papa, ma è di Martin Heidegger (1889-1976), Oggigiorno non possiamo immaginare noi stessi senza il vasto apparato tecnico scientifico sul quale poggia la nostra civiltà. Detta mentalità si orienta attraverso lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, il consumo dei beni naturali, il calcolo di ogni gesto. Questo modo di vivere è entrato in noi a tal punto che riteniamo la tecnologia come la panacea di tutti i nostri problemi. Si è creato un divorzio tra l’essere umano e la natura che appare nel crescente degrado ambientale e sociale.
Anche quest’anno il Natale ci porta un lieto annunzio: Dio è sceso su questo mondo disperato. E ha preso il nome di Emmanuele, che vuol dire: Dio con noi.
L’augurio che vorrei darvi è questo: che noi acuiamo la nostra sensibilità per percepire un passo conosciuto, il passo di colui che arriva, perché il Signore bussa e noi gli apriamo. Mettiamoci in cammino, senza paura. Il Natale di quest’anno ci farà trovare Gesù e, con lui, il bandolo della nostra esistenza redenta, la festa di vivere, il gusto dell’essenziale, il sapore delle cose semplici, la fontana della pace, la gioia del dialogo, il piacere della collaborazione, la voglia dell’impegno storico, lo stupore della vera libertà, la tenerezza della preghiera. Questo è il guaio: il Signore suona e noi non gli apriamo, stacchiamo per non essere disturbati. Se gli apriremo con cordialità la nostra casa e non rifiuteremo la sua inquietante presenza, Gesù bambino ha da offrirci qualcosa di straordinario: il senso della vita, il gusto dell’essenziale, il sapore delle cose semplici, la gioia del servizio, lo stupore della vera libertà, la voglia dell’impegno. Lui solo può resistere al nostro cuore, indurito dalle amarezze e dalle delusioni.